CITRIX databreach – Rubati 6 Terabyte di dati

Citrix databreach 6 Terabyte rubati

CyberWar, questo potrebbe essere il titolo di meta’ delle notizie che hanno a che fare con attacchi informatici di ogni genere, sia che siano diretti ad enti governativi o di Inteligence o che vadano a colpire grandi aziende.
Questo perche’ la CyberSecurity passa prima di tutto dalle aziende responsabili della creazione e dello sviluppo delle piattaforme informatiche/web che sempre piu’ quotidianemente usiamo ed useremo.

Pensando ai danni che potranno accadere con lo sviluppo delle tecnologie IoT, se non verranno ben gestite, il futuro digitale sembra vivere un momento di forte confusione. Ma veniamo alla notizia di qualche giorno fa.

L’attacco questa volte e’ avvenuto ai danni di Citrix, ed e’ di nuovo allarme sicurezza a livello mondiale, poiche’ questa volta la vittima è una di quelle aziende popolari, cosi come Facebook o Amazon, in quanto Citrix  e’ un’ azienda d’importanza e di forte impatto nel mercato delle soluzioni per la virtualizzazione desktop e server.

L’attacco e’ cosi importante, non soltanto per la quantita’ di dati sottratti, ma perche’ molti, o la stragrande maggioranza di essi, sono documenti tecnici di progettazione, che potrebbero quindi essere usati per accedere ai sistemi dei clienti che utilizzano le piattaforme Citrix. Tanto importante, dicevamo, che a gestire le indagini e’ intervenuta direttamente l’FBI, cosi come riportato anche in un’articolo di Forbes:
Why The Citrix Breach Matters And What To Do Next

Citrix ha immediatamente dichiarato di essere al lavoro per far rientrare l’allarme, ed ha aperto un’indagine interna, di tipo forense, per poter capire cosa e come sia successo.

Di per se a noi che non siamo direttamente coinvolti poco importa il COME, anche se lascia comunque basiti del fatto che, in pratica, non esiste alcune azienda che non sia attaccabile, sembra soltanto che sia piu’ una questione di tempo, di QUANDO questo succedera’.

In questo specifico caso, sembra che gli attaccanti avrebbero usato una tattica chiamata “password spraying”, in cui vengono sfruttate le password deboli per ottenere accesso al sistema, anche se limitato, per poi, successivamente, trovare il modo per aggirare i sistemi di sicurezza e fare escalation sul sistema vittima.

Quello che vorrei evidenziare, piu’ dell’attacco in se e piu’ ancora dell’azienda che e’ stata vittima, e’ che oggi giorno dovremmo tutti capire che Internet ( ossia il luogo in cui tutti noi ci scambiamo informazioni lavorative e/o personali ) e’ visto dagli altri “competitor” come un vero e proprio campo di battaglia, questo perche’ “la Rete” si e’ trasformata nel “Quinto Dominio Militare”, infatti il Cyberspazio è oramai da considerarsi la nuova frontiera della Guerra tra stati, un dominio in carenza di regolamentazione, dove i danni collaterali (le vittime ignare) siamo noi.

Consiglio a tutti la visione e l’ascolto di questo ottimo video che s’intitola per l’appunto GUERRA DIGITALE
con Matteo Flora & Stefano Mele.

Nuovo Raspberry Pi Zero a 11$ con Wifi e Bluetooth

Raspberry Pi Zero W

Raspberry Pi Zero W

Lo scorso mese di Febbraio, in occasione del quinto compleanno del progetto Raspberry Pi il team del progetto ha deciso di presentare al suo pubblico un nuovo membro della famiglia, il Raspberry Pi Zero W.

Come forse è intuibile dal nome, si tratta di una variante dell’originale Raspberry Pi Zero alla quale è stato aggiunto un modulo WIFI ed il Bluetooth.

Il team ha dunque creato quella che possiamo considerare a tutti gli effetti come un’evoluzione naturale del Raspberry Pi Zero, che sin dal suo lancio nel corso del 2015, ha rappresentato l’alternativa low-cost perfetta per coloro che volevano sviluppare progetti di domotica o di IoT. Tuttavia l’evoluzione del mercato ha richiesto l’inclusione di un modulo di connettività wireless che ormai rappresenta una feature essenziale per molti sviluppatori, malgrado esso incrementi leggermente i consumi energetici.

Con il Raspberry Pi Zero W è possibile sviluppare piccoli box di retrogaming che possono essere aggiornati tramite WIFI e controllati con un device Bluetooth. Nello stesso modo è possibile collegare Raspberry Pi Zero W ad un termostato per monitorare i consumi e controllare il riscaldamento da un altro edificio. Indipendentemente dalla natura del progetto a cui si sta lavorando, la connessione wireless è quindi diventata una funzionalità chiave.

Raspberry Pi Zero W utilizza il medesimo chip wireless (nello specifico il Cypress CYW43438) del Raspberry Pi 3 Model B, cosi da offrire il supporto al WIFI 802.11n e al Bluetooth 4.0. Il team ha inoltre collaborato con Kinneir Dufort e T-Zero in modo da offrire già al momento del lancio dei case originali per la nuova arrivata.

Per questo nuovo lancio e’ stata anche pianificata al meglio la distribuzione e sono stati aggiunti nuovi reseller online in modo da evitare di terminare le scorte in magazzino come successe nel 2015 per il lancio del Raspberry Pi Zero.
Il prezzo del Raspberry Pi Zero W è di 11 euro (escluse le spese di spedizione o l’acquisto di uno dei box) e in Italia è già possibile ordinarlo tramite lo store Kubii.

in-memory computing grandi moli di dati direttamente nella memoria

In-Memory Computing Database

In-Memory Computing Database

La quantità di dati prodotti e gestiti giornalmente in ogni parte del mondo ha raggiunto dimensioni inimmaginabili rispetto anche solo a cinque anni fa. Internet of Things, Digital Technology, Mobility sono solo alcune delle ultime evoluzioni tecnologiche che hanno impresso a questo fenomeno un’accelerazione esponenziale. Un trend, visibile in tutti i settori dell’economia e in ogni parte del mondo.
La complessità degli attuali scenari competitivi obbliga le aziende al continuo riallineamento dell’offerta sulla base dei cambiamenti repentini della domanda. Big Data e Internet of Things restituiscono un ricco bacino informativo da cui sviluppare nuove opportunità di business, ma generano al contempo nuove sfide di governance.

L’in-memory computing è la chiave di volta per rispondere proattivamente all’effervescenza del mercato, perché permette di elaborare grandi moli di dati direttamente nella memoria centrale del sistema, restituendo le informazioni pertinenti con maggiore rapidità.
Il ricorso a piattaforme di “in-memory” via cloud permette di dotarsi di un’infrastruttura prestazionale e scalabile per il data management, con vantaggi di affidabilità, agilità e performance, a supporto di applicazioni analitiche e mission-critical.

In altre parole, l’in-memory computing elimina la necessità di eseguire operazioni di ricerca e recupero delle informazioni su disco ogni volta che viene eseguita un’elaborazione, rendendo trascurabile la latenza di accesso ai dati. Questo nuovo modello tecnologico porta ad un forte miglioramento delle performance di sistema e contiene in sé il potenziale per un’innovazione epocale delle attività di elaborazione elettronica, insomma una nuova era, caratterizzata da un più rapido ed efficiente accesso ai dati.
Due fattori principali stanno contribuendo alla forte espansione dell’ in-memory computing:

Processori a 64 bit
Con il rilascio del processore a 64 bit, avviene una vera e propria rivoluzione nelle capacità di
memoria potenzialmente utilizzabili.

Continua diminuzione del prezzo della RAM
Negli ultimi 30 anni i prezzi della RAM sono diminuiti di oltre 500.000 volte:

Nel frattempo i retailers, alla costante ricerca di strumenti di analisi dei dati per assumere decisioni tempestive in maniera rapida e confidente, hanno un potenziale enorme, a oggi ancora inespresso, nei dati immagazzinati nei propri sistemi, siano essi transazionali o memorizzati in data-warehouse, siano essi prodotti e gestiti dall’azienda o provenienti dalle interconnessioni con il proprio eco-sistema composto da clienti, fornitori, partner commerciali etc… Questa impressionante mole d’informazioni è un patrimonio fondamentale che può essere reso disponibile per prendere decisioni immediate, in modalità real-time ad ogni livello della propria catena decisionale.

Al pari di un comune database, il motore di In-Memory Computing supporta gli standard di settore, come SQL e MDX, ma include anche un motore per il calcolo ad alte prestazioni che integra il supporto del linguaggio procedurale direttamente nel kernel del database. Tale approccio elimina l’esigenza di leggere i dati dal database, elaborarli e quindi riscriverli nuovamente nel database.

Il motore di In-Memory Computing propone quindi significative innovazioni tecniche come l’utilizzo del nucleo della CPU e la massiccia elaborazione parallela. In particolare la velocità, la scalabilità e la capacità di compressione dei dati sono i suoi veri punti di forza tecnici.

Tra le prime aziende a credere ed investire in questa tecnologia e’ stata SAP che ha creato una propria soluzione HANA, una nuova tecnologia destinata a cambiare il mercato, in particolare della Business Intelligence.

Hana e’ una nuova soluzione ibrida basata sulla tecnologia di in-memory computing, che sarà installata su diversi server e apparati di Dell, Hp, Ibm e Fujitsu. Coinvolte nel progetto anche Cisco e Intel. Si chiama Hana (acronimo di High Performance Analytic Appliance) ed è una soluzione che comprende la prima appliance analitica basata sulla tecnologia ‘in-memory computing’.

HANA è una combinazione di software e hardware sulla quale possono girare applicazioni sviluppate appositamente ma che può anche essere accostata a tradizionali sistemi ERP e di business intelligence.

Le regole del gioco cambiano quindi con il software in-memory di SAP HANA:

Perché attendere analisi effettuate su dati già obsoleti? Perché accettare elaborazioni di transazioni, esecuzione dei processi e ricerca di informazioni troppo lenti?
Affidati alla piattaforma SAP HANA per attingere a volumi elevati di informazioni dettagliate e aggiornate al verificarsi degli eventi.

Perché scegliere SAP HANA?

  • Velocità: gestire volumi di dati massivi in secondi, non in ore
  • Agilità: decisioni real-time supportate da informazioni real-time
  • Ordine: ottenere informazioni da ogni dato, strutturato o non strutturato
  • Penetrazione dei dati: indagare, e ottenere risposte, immediatamente
  • Potenza: eseguire nuove applicazioni che sfruttano le potenzialità delle informazioni
  • Cloud: un modello cloud-based sicuro, scalabile e robusto
  • Innovazione: utilizzare la conoscenza per guidare il cambiamento, velocemente come mai prima
  • Semplicità: ridurre costi e complessità per ogni volume o tipo di dato
  • Valore: ottimizzare il business per creare nuove offerte e aumentare i margini di profitto
  • Scelta: utilizzare l’hardware e il software che si preferiscono

Tutto ciò significa che attraverso HANA, le applicazioni possono delegare le operazioni direttamente alla memoria invece che ai dischi. L’informazione viene così conservata e analizzata in HANA, invece che immagazzinata in tabelle statiche all’interno di database tradizionali.

IN-MEMORY COMPUTING, la tecnologia c’e’ e vale la pena provarla.

Internet of Things

Internet of Things (IoT)

Internet of Things (IoT)

Internet of Things, o in breve “IoT”, è quell’insieme di tecnologie che portano intelligenza agli oggetti, facendo sì che questi comunichino con noi o con altre macchine, offrendoci un nuovo livello di interazione o di informazione rispetto all’ambiente in cui questi oggetti si trovano. Esempio, un pneumatico ci avverte se si sta per rompere, piante che comunicano all’annaffiatoio quando è il momento di essere innaffiate, scarpe da ginnastica che trasmettono la velocità di corsa dell’atleta e il suo stato di affaticamento, flaconi delle medicine che ci segnalano quando ci si dimentica di prendere un farmaco.

Non si tratta di episodi sperimentali, ma di un’innovazione che negli ultimi anni ha accelerato il ritmo dello sviluppo, infatti si pensi allo smart metering che, in ambito domestico, sta portando le “utilities” a sostituire i tradizionali contatori con apparati sensorizzati e controllati da remoto che ci dicono quanto stiamo consumando in modo da permetterci di razionalizzare i consumi.

COME FUNZIONA L’INTERNET OF THINGS

Ma come avviene tutto questo? grazie a sensori, tag Rfid, attuatori, smart code che, applicati a un qualsiasi oggetto come un lampione, un cappello, una tazza o un ponte, trasmettono e ricevono informazioni, utilizzando come piattaforma di scambio il Web.

LE ORIGINI

Le origini dell’Internet of Things vengono attribuite a un ricercatore britannico del Mit (Massachussets Institute of Technology), Kevin Ashton, che nel 1999 coniò per primo il nome per descrivere un sistema dove Internet viene connessa al mondo fisico tramite una rete di sensori distribuiti. A quella che era solo un’ipotesi, fece poi seguito una via sperimentale. Tra i primi progetti pilota, ricordiamo la piattaforma Cense (Central Nervous System for the Earth), nata nel novembre del 2009 negli Hp Labs. L’obbiettivo? creare un network di sensori mondiale capace di connettere oggetti e persone. I sensori, infatti, sono gli organi intelligenti della Rete che, misurando ogni tipo di variazione ambientale come vibrazioni, rotazioni, suoni, correnti d’aria o del mare, luce, temperatura, pressione, umidità, permettono una nuova rappresentazione del mondo in tempo reale a supporto di una molteplicità di settori applicativi, dalla difesa al retail, dalla meteorologia al traffico.
La ricerca e sviluppo di Ibm si è invece focalizzata su un progetto chiamato Smart Planet. Nelle quattro città campione su cui Ibm ha investito in ricerca e sviluppo sono state rilasciate soluzioni per la decongestione del traffico che hanno permesso di ridurre le emissioni di Co2 del 14%, di abbattere i picchi di traffico del 18% e di favorire l’utilizzo del trasporto pubblico di un +7%.

L’INTERNET OF THINGS OGGI

Grazie anche ai progressi delle tecnologie wireless e satellitari, oggi l’Internet of Things è una nuova dimensione tecnologica attraverso la quale è possibile mettere a sistema il mondo analogico, attraverso tutta una serie di accessi, ognuno dei quali veicola tutta una serie di informazioni. Sensori, tag Rfid, cellulari, smartphone, chioschi multimediali, telecamere, videocamere: la IoT include più standard tecnologici, come ad esempio, Gps e near field communication.

Nel 2010 si sono viste diverse applicazioni dell’Internet of Things anche nella conservazione dell’energia. Le cosiddette Smart grid, infatti, applicano un utilizzo intelligente dell’alimentazione che sfruttano nuove economie di scala e software di supporto. Tra le società che hanno iniziato a investire su questo fronte General Electric e Google, che attraverso il consorzio Usnap (Utility Smart Network Access Port) stanno lavorando a un processo di standardizzazione per definire dispositivi di misurazione tali da permettere all’utenza domestica di accedere alle smart grid monitorando i propri consumi.

CHE COSA È POSSIBILE COLLEGARE ALLA RETE

Di tutto, almeno dal punto di vista teorico. Anche animali (per esempio attraverso segnalatori che ne consentono la localizzazione), piante (attraverso sensori che ne controllano l’illuminazione o il fabbisgono di acqua) e addiritura persone (utilizzando pacemaker o altri dispositivi per il controllo da remoto dei parametri biologici).

Con un po’ di fantasia è possibile collegare in rete praticamente ogni cosa. Per essere connesso un oggetto, una “thing”, deve rispettare due caratteristiche: avere un indirizzo IP che ne consente l’identificazione univoca sulla Rete e la capacità di scambiare dati attraverso la rete stessa senza bisogno dell’intervento umano.

A CHE COSA SERVE

Obiettivo degli oggetti connessi è, in generale, quello di semplificarci la nostra vita automatizzando processi o mettendoci a disposizione informazioni che prima non avevamo. Qualche esempio: La strada intelligente, o smart road, in grado di dialogare con le auto, con i semafori e con la segnaletica al fine di ottimizzare i flussi di traffico, ridurre l’inquinamento e i tempi di percorrenza; Sensori posti sulle strisce dei posti auto che individuano la presenza o meno di una vettura, possono inviare l’informazione a un centro dati, che lo fa apparire sulla app per smartphone, come nel progetto Streetline, già in prova a Los Angeles e Indianapolis. Se funzionerà, in futuro, posteggiare sarà più facile.
I termostati intelligenti sono in grado di imparare orari ed esigenze e di scegliere la temperatura adatta per ogni momento, e possono far risparmiare fino al 20% di energia e, tramite smartphone possono essere comandati a distanza anche l’aria condizionata o il riscaldamento, da far accendere quando serve, poco prima di tornare casa. O ancora, i termostati Nest, acquistati da Google, sono piccoli gioielli dell’Internet delle cose, infatti essi conoscono le previsioni del tempo del luogo in cui si trovano, sono dotati si sensori di movimento che contano le persone che passano davanti (quante e quando) e “impara” dalle nostre abitudini.

QUALE SARÀ L’IMPATTO SULL’AMBIENTE DELL’INTERNET OF THINGS

Gli oggetti connessi permetteranno di ottimizzare in tempo reale processi produttivi e attività economiche riducendo in maniera sensibile l’inquinamento e il consumo di risorse.

L’illuminazione pubblica per esempio, se gestita con le nuove tecnologie, potrebbe contenere del 40% i consumi di energia elettrica. Oppure le coltivazioni, che potrebbero essere irrigate in modo molto più efficiente rispetto a quello tradizionale se monitorate da una rete di sensori capaci di comunicare al sistema di erogazione dell’acqua il reale fabbisogno delle piante, determinato in base alla temperatura, alla stagione, all’umidità del suolo e alle previsioni del tempo.

QUALI SONO I RISCHI DERIVANTI DAL VIVERE IN UN MONDO DI OGGETTI CONNESSI

Il principale problema legato all’Internet of Things, per noi utenti comuni, riguarda la tutela della privacy e il corretto utilizzo dei dati. Vivere in un mondo di sensori, misuratori e oggetti di uso quotidiano in grado di raccogliere e scambiare informazioni su come vengono utilizzati, sulle nostre abitudini e sul nostro stato di salute ci espone al rischio di perdere il controllo di ciò che comunichiamo sulla Rete.

Un esempio? Il bracciale per il fitness rileva che ultimamente le nostre performance sportive sono peggiorate. Potremmo essere il bersaglio ideale per la pubblicità, indesiderata, di un integatore alimentare; oppure peggio, un’ente finanziario senza scrupoli potrebbe decidere di utilizzare dati sanitari raccolti in Rete in maniera più o meno lecita per verificare lo stato di salute di un potenziale cliente e decidere se condergli o meno un mutuo od una polizza assicurativa.

QUALI SETTORI TRARRANNO I MAGGIORI VANTAGGI DALLO SVILUPPO DELL’ IoT

Secondo gli analisti il comparto dell’energia e quello dei trasporti saranno quelli che godranno, fin da subito, dei maggiori benefici. Infatti, la possibilità di ottimizzare il consumo di risorse, per esempio segnalando sprechi e guasti, e i flussi di movimentazione di merci e persone, scegliendo i percorsi e i tempi più idonei in base alle condizioni di traffico e al tipo di spostamento, genereranno per gli operatori economici risparmi sensibili e immediatamente misurabili.

UN’EVOLUZIONE INARRESTABILE (E LA CINA È IN TESTA)

Oggi sono connessi a Internet qualcosa come 1,5 miliardi di personal computer mentre i cellulari connessi alla Rete sono 1 miliardo. Secondo gli analisti, da qui ai prossimi dieci anni i dispositivi collegati a Internet supereranno i 100 miliardi. Attraverso l’Internet of Things sarà virtualmente possibile identificare e gestire in modalità remota dispositivi e veicoli, tracciare animali e cose, sfruttando tag Rfid, chip e barcode bidimensionali, sensori a infrarossi e sistemi di georeferenziazione, collegati a Internet o a una qualsiasi rete di telecomunicazioni. Tra modelli e tecnologie, la sfida è aperta.

I governi degli stati occidentali stanno portando avanti una sponsorizzazione dedicata alla realizzazione di una Internet delle cose, ma la nazione che in questo momento è più avanti nello sviluppo è la Cina, che da tempo a introdotto misure atte a supportare la IoT offrendo incentivi economici e detrazioni fiscali.

È il caso di Jinan Yinquan Technology, una delle sussidiarie del gruppo China Intelligence Information Systems (Ciisi), che è stata selezionata dal governo di Shandong come una delle aziende di riferimento del prossimo piano quinquennale (2011-2015) dedicato a uno sviluppo industriale della Internet of Things o, come viene chiamato più semplicemente, The Plan. Il programma prevede che nei prossimi anni la provincia di Shandong diventerà la culla geografica industriale della IoT cinese. Le due città su cui il governo ha deciso di iniziare sono Jinan e Qingdao, su cui verrà ripartito un budget di 30 miliardi di dollari americani. Insomma, mentre Ibm progetta le smart cities in Cina hanno messo in cantiere addirittura la regione intelligente. Noi forse, come troppo spesso accade staremo semplicemente a vedere.

 

 

#InternetofThingsNuovoFuturooMiraggio

Linuxcon Europe – 2014

LinuxCon EuropeLinuxCon Europe – Linux Foundation

La Linux Foundation, l’organizzazione non-profit che sostiene la crescita di Linux e dello sviluppo collaborativo, ha annunciato i relatori della LinuxCon + CloudOpen + Embedded Linux Conference Europe, che si terrà dal 13 al 15 ottobre presso il Centro Congressi di Düsseldorf.

LinuxCon Europe è il luogo in cui apprendere dai migliori e più intelligenti, grazie agli interventi dei più importanti utilizzatori, sviluppatori e project leader della comunità Linux.

Non esiste un altro evento in Europa che permetta a sviluppatori, amministratori di sistemi, architetti e talenti tecnici di qualsiasi tipo e livello di riunirsi sotto un unico tetto per imparare, collaborare e risolvere problemi allo scopo di fare avanzare ulteriormente la piattaforma Linux.

LinuxCon prevede oltre 100 sessioni, con novità sugli ultimi aggiornamenti del kernel, sulle tecnologie e interfacce di storage, sulla sicurezza e l’Internet of Things, nonché interventi sulle best practice e la collaborazione open source.

I relatori della conferenza LinuxCon + CloudOpen + ELC Europe di quest’anno illustreranno i passi in avanti compiuti da Linux e dall’open cloud, nonché il modo in cui i metodi e i principi di Linux e dell’open source si stiano diffondendo in altri settori della società, tra cui la vendita al dettaglio e la sanità.

Tra i relatori confermati:

Jono Bacon, Senior Director of Community di XPRIZE, che nel suo intervento “Building Exponential Communities” parlerà di come sfruttare al meglio il lavoro in un ambiente comunitario

Paul Biondich, fondatore e presidente di OpenMRS, che parlerà di come le comunità open source stiano aiutando a migliorare la salute dei più poveri in tutto il mondo

Joanna Rutkowska, fondatrice e CEO di Invisible Things Lab, che parlerà di Qube OS e di come esso rappresenti un approccio pratico alla sicurezza dei sistemi client

Chris Schlaeger, Direttore Generale dell’Amazon Development Center, che farà una presentazione sugli elementi fondamentali degli Amazon Web Services

Inoltre, l’attesissima presentazione del Linux Kernel Panel vedrà come protagonista Linus Torvalds, creatore e membro della Linux Foundation, insieme ad altri importanti sviluppatori e addetti alla manutenzione del kernel, che parleranno dello stato del kernel Linux, nonché delle attività future e in corso.

Per iscriversi all’evento bastera’ seguire questo link : LinuxConEurope.