Il web3 è sicuro, se sai quello che fai


Mentre ero affacendato nella preparazione del prossimo articolo su Bitcoin, e tutto il mondo che gli ruota attorno, mi sono imbattuto in un post Linkedin che recitava esattamente “Il web3 è sicuro, se sai quello che fai”.

Questo pensiero mi ha intrattenuto in una serie di pensieri articolati che proverò a sciorinare senza esprimere verdetti ma dando, come sempre, il mio parere personale.

Consapevolezza

I progressi tecnologici diventano veramente di massa nel momento in cui l’avanzamento delle nuove tecnologie si evolve talmente tanto da diventare quasi invisibile per cui il loro utilizzo si trasforma in uno standard in nuova gestualità a cui non dobbiamo più pensare. Oggi quasi chiunque ha familiarità con l’account di posta, con l’uso di diversi tool di messaggistica (su pc e smartphone) o anche l’uso di vari sistemi di pagamento tra carte di credito, pagamenti online o anche tramite App su smartphone e smartwatch.

Molta della tecnologia appena descritta fruisce dalle pagine web dei nostri browser che usiamo per comprare su Amazon, per scrivere messaggi su Whatsapp, per sbrigare una commissione amministrativa sui portali delle Regioni magari usando un sistema SPID e molto altro ancora. A tutto ciò che potremmo includere in quelli che sono ad oggi la base portante dei servizi web online su quello che viene chiamato WEB 2.0 si sono aggiunti e continuano ad aggiungersi nuovi servizi con nuove modalità che sono quelli che appartengono alla galassia del WEB 3.0, tra i quali spiccano certamente in pole-position le crypto, gli nft ed i metaversi.

Ma in molti servizi giornalistici/TG continuano a comparire i rischi di frode dati dalla poca conoscenza delle metodologie migliori per gestire i propri dati personali durante l’uso dei servizi online, per cui filoni come il Phishing sono ancora oggi una delle minacce più importanti per le frodi online, frodi che spaziano dal furto di identità online da rivendere nel DarkWeb fino al furto di username/password per l’accesso a servizi bancari, carte di credito e quant’altro.

Dunque sarebbe logico affermare che ci troviamo ancora in una fase di “studio” da parte della CriticalMass nell’imparare i metodi per un uso consapevole dei mezzi informatici, potremmo paragonarci all’inizio del ‘900 in cui l’uso dell’automobile iniziava a diffondersi ma ancora non esistevano molti sistemi di verifica e controllo per un uso intelligente e consapevole da parte dei neo possessori dell’auto, mancanza di segnaletica stradale, mancanza di semafori per un controllo dei flussi di marcia, mancanza dei sistemi di sicurezza e di divisione stradale tra il flusso dei pedoni e quello dei mezzi a 4 ruote etc…. In tutto ciò stiamo gia vivendo l’affiancamento delle tecnologie appartenenti al WEB 3.0 che porta con se sia la necessità di una maggiore conoscenza e consapevolezza da parte dell’utente ma anche di chi sta creando le nuove applicazioni. Infatti potremmo dire che mai come oggi i TEST ed il DEBUG delle Applicazioni web sono di vitale importanza.

I test sono una parte importante di qualsiasi progetto di sviluppo software, ma si sono rivelati particolarmente cruciali per il successo dei progetti Web3. Mentre con le app Web2 si possono verificare registrazioni errate o pagamenti falliti, i bug introdotti nello sviluppo delle app Web3 possono consentire agli utenti malevoli di sgonfiare il valore di un token coniando token in eccesso, modificare le regole di funzionamento di una DAO o persino congelare in modo permanente i fondi collegati a uno smart contract.

Con i progetti Web2, i bug possono essere risolti con semplici rami di correzione che vengono distribuiti prima che altri dati vengano corrotti o che importanti vendite vadano perse. Questo non è il caso di Web3: i bug in un’applicazione Web3 sono permanenti, poiché qualsiasi smart contract distribuito sulla blockchain è immutabile. Si può trovare una soluzione, ma una volta che il contratto è attivo diventa impossibile implementarla.

Possiamo realisticamente pensare di scrivere codice invulnerabile agli attacchi? L’idea di una sicurezza perfetta, anche nel Web3, è un’aspirazione impossibile ?!. Tuttavia, con test adeguati ed una maggiore conoscenza da parte di tutti gli attori, possiamo ridurre le superfici di attacco per i malintenzionati.

SAFER SMART CONTRACTS

Proverò ora ad introdurre un nuovissimo sistema di TESTING che potrebbe essere di aiuto nella gestione e verifica della stesura degli SmartContracts per Bitcoin, questo strumento si chiama CLARITY.

Clarity porta i contratti intelligenti in Bitcoin usando un linguaggio decidibile (che può essere deciso, cioè risolto, stabilito, determinato), il che significa che si può sapere con certezza dal codice stesso cosa farà il programma. Clarity è interpretato (non compilato) ed il suo codice sorgente è pubblicato sulla blockchain. Clarity offre così agli sviluppatori un modo sicuro per costruire contratti intelligenti complessi per la blockchain più sicura del mondo.

I progetti Clarity vengono creati con Clarinet (clarinet è un runtime di Clarity confezionato come strumento a riga di comando, progettato per facilitare la comprensione, lo sviluppo, il test e la distribuzione dei contratti intelligenti) sono dotati di un framework di test TypeScript integrato. Utilizzando questo framework è possibile distribuire i nostri smart contract su catene di test per eseguire le nostre varie funzioni su di esse. Questo ci permette di simulare funzioni pubbliche e di sola lettura e di verificare come accedono e modificano lo stato della catena.

Conclusioni

Dunque se una maggiore integrazione di sistemi per i test è fondamentale per una buona progettazione Web3, allora conoscere gli strumenti di test migliori è fondamentale per scrivere test ottimi e a copertura totale. Per il momento posso solo consigliare a coloro che sono interessati all’argomento di dare un’occhiata al materiale distribuito sullo spazio Github del progetto:

https://github.com/clarity-lang

Cyber Risk – il Dipendente infedele (la minaccia e’ in azienda)

il dipendente infedele

The Unfaithful Employee – #Cyber Risk

The unfaithful employee

Ormai leggiamo, sentiamo, vediamo speciali alla TV, che hanno come tema l’esponenziale crescita del Cyber Risk da cui derivano attacchi di ogni genere che vanno dalla truffa online, alla compra vendita di carte di credito, all’uso di speciali software/scripts ai Ransomware, che “rapiscono” i nostri device, personali o aziendali per un vero e proprio riscatto, spesso in cripto valute, etc….. e la lista e’ varia come la fantasia delle persone che le studiano.

Oltre ai pericoli sopra citati dobbiamo aggiungerne uno che negli ultimi anni sta evidenziandosi alla stregua dei cosiddetti “attacchi hacker”, questo pericolo e’ il rischio del “dipendente infedele”.
Gia, perche’ se e’ ancora vero che piu’ dell’80% delle spese in ambito security delle aziende e’ ancora improntato verso la “sicurezza del perimetro esterno”, sono sempre piu’ in aumento i casi documentati di violazioni (spesso ad hoc) da parte o con la complicita’ di dipendenti infedeli.

Del resto sono sempre piu’ lontani, o confinati nella cinematografia, gli attacchi del singolo hacker che punta ostinatamente la grande preda (Banche o Assicurazioni, la NASA ed i soliti noti….), mentre nella realta’ ormai siamo tutti collegati a tutti tramite e-mail, social network e cosi anche chi punta “alla balena bianca” passa prima per quelli che, nella migliore delle ipotesi, possono diventare vittime collaterali, ma comunque vittime.
Chi entra nella nostra privacy per poter arrivare ad un bersaglio piu’ importante, colpisce comunque prima noi ed i nostri diritti; questo perche’ non venga mai sottovalutata l’importanza che ormai rivestiamo tutti nei confronti di tutti, un po’ come spiegato anche nel famoso concetto dei 6 gradi di separazione (Six Degrees of Separation).
Basta quindi con l’idea ormai assurda di credere di essere al sicuro, affermando semplicemente: “perche’ dovrebbero colpire proprio me, io non ho nulla da nascondere….” ;
e’ esattamente questo modo di pensare che aiuta chi usa con capacita’ le tecniche di ingegneria sociale e di phishing a perpretare i loro crimini.

In effetti possiamo elencare alcuni punti importanti che possiamo descrivere come sfavorevoli alla lotta al Cyber Risk:

  • apparente e diffusa sensazione di sicurezza – troppe persone pensano che avere un antivirus sul pc ed un Firewall da 2 euro al mese sul cellulare basti alla protezione;
  • sottostimiamo che i danni possono essere pesantissimi – per un privato puo’ essere il trovarsi con il conto bancario svuotato, oppure dover pagare un riscatto x riavere l’accesso alle proprie foto, mentre per le aziende molto spesso e’ la perdita della reputazione e molto altro ancora….
  • il campo di gioco/battaglia e’ il mondo intero – questo e’ uno degli aspetti meno considerati, oggi giorno si puo’ venire attaccati da chiunque, da ogni parte del mondo, ed i motivi che smuovono gli attacchi possono essere i piu’ diversi, non soltanto quelli economici o legati allo spionaggio industriale (che fa molto spy story)
  • il rischio dell’errore umano e’ dietro l’angolo – quotidianamente i nostri software e le nostre app vengono aggiornate, spesso in automatico, perche’ le aziende scoprono (spesso troppo in ritardo) bugs e malfunzionamenti di ogni genere, a volte sono errori di programmazione, altri sono modifiche richieste dal mercato, altri ancora iniettati da dipendenti fraudolenti, o pagati per farlo etc….etc….

Non a caso, anche il mercato assicurativo sta introducendo polizze per il “cyber risk”, studiate per garantire risposte certe e complete a questo rischio in forte ascesa.

Ma torniamo al tema portante di questo articolo e proviamo a definire chi e’ il “dipendente infedele”.
Il dipendente infedele è quel soggetto che essendo all’interno di una azienda, attraverso svariate tecniche tra cui il social engineering e, l’utilizzo dei sistemi e delle tecnologie informatiche, riesce a carpire/rubare informazioni sensibili circa l’azienda stessa e i colleghi di lavoro.

Sbagliamo se pensiamo che per arrivare ad avere informazioni tanto importanti o confidenziali si debba essere per forza parte dell’ingranaggio dei Manager (anch’essi spesso non esenti da questo rischio per via del ruolo chiave che rivestono) , invece tipicamente queste figure, qualora non abbiano privilegi particolari o amministrativi, punteranno ad acquisire informazioni in qualsiasi  modo possibile, tipo rovistando tra le varie scrivanie in cerca di
post-it riportanti utenze e password, accedendo alle postazioni dei colleghi durante la loro assenza oppure introducendosi in aree con accesso restrittivo in cerca di documenti lasciati in vista, effettuando backup dalla rete aziendale interna o di database contenenti progetti in corso o qualsiasi altra informazione che potrebbe tornare utile, salvando il tutto su supporti esterni come chiavette USB e molto altro ancora……

Quali sono le cause

Generalizzando il concetto, potremmo dire che questa figura è solitamente caratterizzata da un forte senso di insoddisfazione verso l’azienda, i titolari o i colleghi.

I dati sottratti illecitamente solitamente vengono utilizzati per i seguenti scopi:

  • vendita delle informazioni ad una azienda concorrente in cambio di un compenso economico oppure di una offerta lavorativa migliore;
  • riutilizzo dei dati sottratti per aprire una società in parallelo spesso violando patti di non concorrenza;
  • estorsione di denaro verso i legittimi proprietari dei dati;
  • modifica/cancellazione di dati, oppure divulgazione senza scopo di lucro al fine di creare un danno economico e di immagine all’azienda.

Questo ci porta ad interrogarci circa la validita’ sul campo di molte delle piu’ comuni tecniche di policy aziendale, ma nel caso si verifichi una fuga di dati verso l’esterno ad opera di un dipendente infedele sara’ importante effettuare delle indagini per far luce sullo scenario accaduto e trattare nel modo più opportuno l’incidente verificatosi, e quale miglior sistema che adottare le tecniche della Digital Forensics ed i tencici specializzati in questa materia.

Questo fenomeno e’ in grande ascesa e le aziende che monitorano lo sviluppo del Cyber Crime, fanno notare come negli ultimi anni nel dark web, gli hacker stanno reclutando e preparando tecnicamanete degli insider con gli strumenti e le conoscenze necessarie a perpetrare attacchi, informatici e non, nei confronti delle loro aziende.

Il rischio del DarkWeb

Il dark web sta facendo leva principalmente su tre fattori predominanti, per creare la propria “armata” di dipendenti infedeli, quali:

  • insider trading: bastera’ dimostrare di poter accedere ad informazioni non disponibili al grande pubblico, per poter essere reclutati;
  • vendita di numeri di carte di credito da parte di insider che lavorano presso negozi di vendita al dettaglio;
  • installazione di malware all’interno delle aziende, eludendo così ogni sistema di sicurezza perimetrale.

Tutti motivi per i quali oggi giorno alle aziende non basta piu’ monitorare soltanto la parte fisica dei propri dati e device ma e’ costretta ad introdurre anche quelli che vengono definiti come “vigilanti del sentiment”, ossia personale preparato ed addestrato a riconoscere non soltanto gli abusi a livello tecnico ma principalmente i “segnali” della possibile infedelta’ , quindi del “sentiment negativo” dei dipendenti verso specifiche figure aziendali o dell’intera azienda, insomma dei veri e propri investigatori.

Anche in questo caso potremmo dettagliare con tre punti chiave, i motivi per cui un’azienda dovrebbe rivolgersi ad un’agenzia investigativa:

  • a tutela del patrimonio e della produttività aziendale;
  • a salvaguardia del know-how aziendale;
  • a sostegno del management

A coadiuvare questo articolo useremo le parole di due veri esperti del mondo digitale e della sicurezza, in grado di spiegare ancora meglio i concetti sopra descritti; eccovi dunque il video dell’ottima intervista fatta da Matteo Flora a Marianna Vintiadis

Godetevi il video:

Sneaky Phishing rompe la doppia autenticazione SMS

Sneaky Phishing vs 2FA

I ricercatori del Certfa Lab hanno individuato una campagna di sneaky phishing,  che potremmo tradurre genericamente come il phishing “subdolo”, che e’ in grado di compromettere i sistemi di protezione di accesso ai servizi on-line basati sulla doppia autenticazione con SMS.

Come abbiamo gia descritto in un recente articolo, anche i migliori sistemi di autenticazione online , tramite il 2FA, ossia il sistema di autenticazione a doppio fattore, soprattutto quello per cui interagiamo con il servizio a cui vogliamo collegarci tramite il doppio uso di Login+SMS codice, e’ ormai a rischio, motivo per cui sono nate le chiavette come la Yubikey o, piu’ recentemente, la Titan Security Key di Google.

Ma oggi purtroppo nuovi pericoli affliggono la gestione di accesso tramite SMS, infatti sono arrivate nuove tipologie di attacco informatico che possono invalidare il livello di sicurezza di questo sistema.

Oggi parleremo della truffa chiamata “Sneaky phishing”. Prima di questo nuovo attacco informatico, l’autenticazione a due fattori (two-factor authentication) era considerata il sistema di protezione più sicuro per proteggere i propri account, soprattutto quelli per l’accesso ai servizi di home banking, e proprio l’autenticazione basata su SMS negli ultimi tempi è stata colpita da vari attacchi “man-in-the-middle” e “man-in-the-browser”, nonché da frodi nello scambio di SIM di famosi provider di telefonia mobile.

L’attacco Sneaky phishing è stato creato attorno alla vecchia idea di inviare un falso allarme di accesso non autorizzato ad un account vittima, utilizzando un indirizzo generico ma dall’aspetto plausibile, come ad esempio:
” notifications.mailservices@gmail.com ”

L’inganno iniziale di questo attacco , che quindi sfrutta in partenza la tecnica del Phishing , sfrutta il fatto che Google, ma anche Yahoo e tutti gli altri grandi nomi di Internet, inviano spesso avvisi di sicurezza per informare i proprio utenti di un accesso sospetto ai rispettivi account da computer o dispositivi diversi da quelli utilizzati normalmente .

All’interno di questi messaggi possono trovarsi diverse altre tecniche di cattura dei dati di accesso per la violazione di un’account, quali ad esempio:

  • pagine e file di phishing ospitate su sites.google.com, un sottodominio di Google
  • invio dell’avviso e-mail come immagine cliccabile dell’add-on Screenshot di Firefox, piuttosto che come URL in modo da bypassare i sistemi di anti-phishing
  • tracciamento di chi ha aperto le e-mail incorporando un minuscolo pixel 1×1 cosiddetto “beacon” che viene ospitato e monitorato da un sito web esterno

…..etc……etc……..

Presumibilmente è stato così per la maggior parte dei loro bersagli, nella pratica i criminali hanno utilizzato una pagina web di phishing costruita ad hoc che imitava l’accesso 2FA del fornitore del servizio on-line utilizzato dalle vittime per dirottarle usando le tecniche di Phishing viste sopra.

COME DIFENDERSI ??

I sistemi di autenticazione a due o più fattori rimangono ancora i più efficaci sistemi per proteggere i propri account on-line, ma quanto successo , e si e’ dimostrato, con questa campagna di sneaky phishing conferma che l’SMS non è più l’opzione migliore per effettuare la verifica di accesso. Google, ad esempio, non la propone più ai suoi nuovi utenti, a meno che non sia stata impostata su vecchi account Gmail, ma spinge perche’ vengano usati sistemi di token hardware FIDO U2F, in quanto può essere bypassato solo accedendo fisicamente alla secure key.

Qualcuno potra’ obiettare che anche il token puo’ essere violato, se ad esempio viene perso o rubato ed a quel punto l’ultimo baluardo rimarrebbe la “robustezza” della nostra password…..si torna sempre li….l’errore umano.

Ma almeno percentualmente il sistema a doppio fattore gestito con un token hardware rimane, al momento, il sistema piu’ efficace di protezione dei nostri dati.

Torniamo adesso a parlare di quelli che possono essere degli utili consigli per difendersi :

  • prima di tutto, nel momento in cui riceviamo una e-mail, a prima vista lecita, dove ci viene richiesta un’autenticazione, verifichiamone sempre la provenienza e il contesto e poniamoci velocemente alcune domande: 1) Ho cambiato qualche parametro nei settaggi del mio account? 2) Sto creando un account o mi sono registrato ad un nuovo servizio? Se la risposta sara’ “niente di tutto questo” Allora lnon rimane che cestinarla immediatamente, poiche’ si trattera’ sicuramente di una e-mail potenzialmente pericolosa;
  • disabilitiamo il caricamento in automatico delle immagini. Molti fornitori di webmail offrono questo tipo di funzionalità, sfruttiamola;
  • se pensiamo di utilizzare applicazioni di terze parti per l’autenticazione, verificatene sempre la provenienza, usate soltanto URL/store ufficiali per i vostri download;
  • nel caso in cui, a maggior ragione, la sicurezza sia qualcosa di imprescindibile (in ambito personale o lavorativo), valutate l’idea di utilizzare dei token fisici come quelli descritti qui

Quello che bisogna ricordarsi sempre e’ che il Business del crimine e’ sempre pronto e molto spesso un passo avanti a tutti e chi ci lavora si allena quotidianamente…….fatelo anche voi 😉

Google Titan Security Key

Google Titan Security Key

SICUREZZA SICUREZZA SICUREZZA…….

La parola piu’ utilizzata e letta su ogni articolo, anche non a carattere tecnico, che si intenda la sicurezza nelle citta’, oppure quella sui social media, ma ancor di piu’ il peso di questa parola lo si nota attorno a tutto cio che gravita’ sui nostri device, sia quelli personali, sia quelli che utilizziamo quotidianamente in ufficio.

Questo perche’ oggi la SICUREZZA colpisce/interessa tutti in ogni istante della nostra vita. Ogni giorno usiamo , centinaia di volte al giorno, device tecnologici di ogni tipo (SmartTV, SmartPhone, IoT, Router, AccessPoint….) e per ognuno di questi, teoricamente, dovremmo poter essere in grado di sapere cosa e come fare per proteggere i nostri dati e la nostra identita’ tecnologica, che sempre di piu’ rappresentera’ noi stessi, chi siamo, cosa facciamo, come lo facciamo…….

Ma nella realta’ chi di noi ha veramente le conoscenze ed il desiderio di doversi occupare quotidianamente della propria sicurezza; la maggior parte di noi stenta a ricordarsi di cambiare la password dell’account di posta oppure dell’utenza per l’home banking etc……, tutto questo perche’ preferiamo pensare che non saremo certo noi a diventare vittime di un qualsiasi hacker che sicuramente ha altri interessi piu’ importanti. Purtroppo non e’ cosi, oggi giorno siamo tutti collegati e la singola persona, il dipendente “qualunque”, potrebbe essere l’anello debole della catena che permette all’hacker di entrare nell’infrastruttura che vuole colpire e da li, piano piano scalare fino ad avere cio che gli serve…..

Il discorso e’ troppo lungo, ed e’ gia stato trattato in altri articoli, nella sezione (manco a dirlo) 😉 “sicurezza” di questo blog ed altri arriveranno. Fatto sta che per poter aumentare (garantire e’ una parola che non esiste, nulla e’ sicuro al 100%) il nostro livello di sicurezza possiamo per lo meno attivare, li dove ci e’ possibile, quelle funzioni denominate accesso a due fattori, sui nostri account di posta, sul nostro profilo FB …etc….

L’accesso a due fattori (2FA) esiste gia da un po’ di tempo ed è considerato uno dei metodi più sicuri per proteggere i propri dati online da eventuali malintenzionati. Tuttavia, neanche questo sistema può considerarsi impenetrabile ed anch’esso si evolve, da una prima modalita’ tramite invio di codice SMS, sino alla sua versione migliore tramite l’uso di Security Key, tra le piu’ usate ad esempio la Yubico

Anche questa tecnologia deve comunque tenersi sempre aggiornata, ed e’ notizia di questi ultimi giorni che anche Big G ha creato una Security Key dal nome “Titan Security Key“, in pratica e’ stata annunciata come una chiavetta per autenticarsi con la massima sicurezza ed a prova di phishing (ad oggi una delle vulnerabilita’ peggiori sul web).

In soldoni, la Titan Security Key, che inizialmente era disponibile solo per i clienti Cloud americani, oggi e’ in vendita sul Google Store per chiunque la volesse acquistare.
E’ un dispositivo di sicurezza utilizzato per gli account che sfruttano il doppio fattore di autenticazione, che permette di autenticare gli accessi tramite Bluetooth o USB.

Il dispositivo funziona con i browser più diffusi (incluso chiaramente Chrome) e può essere sfruttato all’interno di un crescente ecosistema di servizi che supportano lo standard FIDO, uno standard di autenticazione compatibile con numerose app e browser (gli account Google supportano le chiavi di sicurezza e altri accessi FIDO gia dal 2014), di conseguenza, il dispositivo può essere utilizzato anche per accedere a servizi diversi da Google (Facebook, Twitter, Dropbox, Gmail….. e molti altri ), anche se questi potrebbero non essere in grado, in questo momento, di usufruire appieno del firmware speciale sviluppato da Google ed inserito nelle Titan Security Key.

Come accennato prima, esistono due versioni della Titan Security Key di Google: una è USB mentre l’altra e’ dotata di connettività Bluetooth.
In entrambi i casi la chiavetta andra’ accoppiata con i propri account seguendo le indicazioni fornite da Google all’interno della confezione.

La versione USB, dunque la chiavetta fisica in se, è di piccole dimensioni, mentre la seconda versione, altrettanto piccola, essendo basata su tecnologia Bluetooth, a differenza della precedente non richiede l’inserimento fisico nel dispositivo (PC/Mac), ma è sufficiente la pressione del pulsante, presente su una delle facce, ed un accoppiamento via/Bluetooth per poter inviare i token di accesso/login nel momento desiderato.
La funzionalità del Token di sicurezza è la medesima della versione USB e, nella confezione è fornito un cavetto USB utile per la configurazione iniziale.

Ad oggi, dalle stime di Google soltanto il 10% degli account Google hanno attivato il sistema di autenticazione a due fattori sui relativi device. Una percentuale davvero bassa e sicuramente molte persone non gradiranno dover pagare un’oggetto per aumentare la loro sicurezza, poiche’ ci si aspetta che essa debba essere garantita e gratuita.

Molti ancora non vorranno doversi portare (seppur davvero piccolo e leggero) dietro l’ennesimo device/oggetto; ma al momento e’ un piccolo prezzo da pagare nella fase di adeguamento che subira’ Internet come lo conosciamo oggi, poiche’ quando nacque alla fine degli anni 60 (parlando di ARPANET) i protocolli creati all’inizio e che ancora sostengono il core dell’infrastruttura che chiamiamo Internet non erano pensati per i livelli di sicurezza richiesti oggi.

Concludo aggiungendo che per coloro che usano molti dei servizi offerti da Google per il proprio lavoro professionale, i token di sicurezza Titan sono compatibili con il Programma di protezione avanzata, il più potente strumento per la sicurezza offerto da Google per preservare gli Account Google (come giornalisti, attivisti, dirigenti aziendali e team di campagne elettorali) dal rischio di attacchi mirati.

Facebook Bug Bounty

Facebook Bug-Bounty

Forse non molti sanno che in un periodo cosi proficuo per attacchi hacking di ogni tipo, i colossi del web, tra cui Facebook, hanno istituito interessanti premi per chiunque voglia testare la sicurezza dei loro sistemi, ed affiliati quali:

 

  • Instagram
  • Internet.org/Free Basics
  • Oculus
  • Onavo
  • Progetti open source di Facebook (ad es. osquery)
  • WhatsApp

 

Migliori spiegazioni le potete trovare alla seguente pagina https://www.facebook.com/whitehat
che riporta in modo chiaro quali sono le regole e le modalita’ di svolgimento del “Programma” WHITEHAT

Nella pratica, possiamo dire che i responsabili della sicurezza di Facebook, Instagram e compagnia bella hanno deciso che il miglior modo per verificare il loro buon operato e’ quello di lasciare “carta bianca” a tutti coloro (hacker, whitehat, pirati informatici …) che sono interessati a bucare uno dei due miliardi di account dei loro social.

La ricompensa base e’ di 500 $ ma ben piu’ alta e’ la posta se qualcuno dovesse trovare bug ben piu’ importanti come degli zero-day.

Per exploit di alto impatto , la ricompensa dovrebbe essere di, 40.000 $ se, per impadronirsi dell’account, l’attacco non richiedera’ la ben che minima interazione del proprietario, Si scende invece a 25.000 $ se l’attacco e’ in grado di andare a segno con l’interazione da parte del proprietario dell’account (magari anche solo con un click sul link sbagliato ricevuto via mail…..phishing a go-go).

Buona caccia…..

#FacebookBugBounty