10 consigli per migliorare le prestazioni di un SSD

Dischi SSD ottimiziamoli

Dischi SSD ottimiziamoli

Gli SSD hanno delle grosse differenze rispetto ai comuni dischi fissi, sia costruttive che nel funzionamento, e pertanto non possono essere trattati come questi (altrimenti si rischierebbe di provocare più danni che benefici). Per non perdere prestazioni nel tempo, ma soprattutto per rendere sempre al massimo, gli SSD necessitano quindi di una manutenzione accurata e di alcune impostazioni particolari. Ecco quindi alcuni utili consigli da seguire per migliorare le prestazioni di un SSD.

Disattiva la deframmentazione

Questo primo consiglio vale se utilizzi un sistema operativo Windows, questo perché nelle unità a stato solido non c’è il problema della frammentazione dei dati, ragion per cui la deframmentazione non porta alcun beneficio, anzi, col passare del tempo, potrebbe addirittura ridurne decisamente la vita (oltre che le prestazioni).
Di conseguenza, per disattivare la deframmentazione, basta cliccare sul pulsante start e scrivere deframmentazione. Si aprirà quindi l’Utilità di deframmentazione dischi nella quale dovrai cliccare su Configura pianificazione e, successivamente, su Seleziona dischi dove dovrai togliere la spunta a fianco il nome dell’unità a stato solido (se nel computer hai solo un SSD basta togliere invece la spunta direttamente da Esegui in base a una pianificazione (scelta consigliata)) e infine cliccare su OK (una o due volte a seconda del caso).

Disabilita l’indicizzazione

L’indicizzazione permette di fare delle ricerche più rapide ed è molto utile nei classici hard disk. Negli SSD, al contrario, l’indicizzazione provoca continue letture e micro scritture che a lungo andare potrebbero risultare nocive per le unità a stato solido.
Per disabilitare quindi l’indicizzazione nei sistemi operativi Windows, basta andare nelle proprietà del disco (cliccando sull’icona Computer o Questo PC, selezionando l’SSD con il tasto destro del mouse e scegliendo Proprietà) e successivamente togliere la spunta a Consenti l’indicizzazione del contenuto e delle proprietà dei file di questa unità. Oltre a fare questo ti consiglio però di disabilitare anche il relativo servizio quindi fai clic sul pulsante start e digita services.msc (seguito dalla pressione del tasto Invio). Trova il servizio chiamato Windows Search e fermalo (basta cliccare col tasto destro del mouse e selezionare Arresta). Una volta fermato, fai doppio clic sul nome del servizio e dal menu a tendina a fianco la voce Tipo di avvio seleziona Disabilitato, poi clicca su Applica e infine su OK.
Nei sistemi operativi Mac OS X l’indicizzazione viene invece gestita da Spotlight. In questo caso puoi disabilitare completamente il servizio da riga di comando (dalla cartella Applicazioni, seleziona la cartella Utilità e poi clicca sull’icona del Terminale) attraverso la seguente stringa di comando:

sudo mdutil -a -i off

Se vuoi semplicemente escludere dall’indicizzazione solo per determinate cartelle basta agire invece dalle preferenze del programma (Preferenze di sistema > Spotlight > Privacy).

Disabilita l’ibernazione

L’ibernazione si rivela essere utile con i classici hard disk ma può tranquillamente essere disabilitata per gli SSD in quanto, grazie alle loro prestazioni, non serve praticamente a niente poiche’, per come viene eseguita, rappresenta solo un grosso carico di lavoro per le celle di memoria dell’SSD (visto che ogni volta bisogna scrivere l’intero contenuto della memoria RAM nell’unità a stato solido).
Per disabilitare quindi l’ibernazione in ambiente Windows basta aprire il prompt dei comandi e digitare:

powercfg.exe /hibernate off

Una volta premuto il tasto Invio, per rendere effettiva la modifica dovrai semplicemente riavviare il computer. Per quanto riguarda invece il sistema operativo Mac OS X la procedura da seguire è più o meno la stessa. Basta aprire infatti il terminale e digitare:

sudo pmset hibernatemode 0

Inoltre, una volta disabilitata, per liberare lo spazio occupato dall’ibernazione, potresti digitare anche il seguente comando:

sudo rm /var/vm/sleepimage

Elimina il file di paginazione

Oggigiorno i computer hanno (mediamente) molta memoria RAM (quelli di nuova generazione vanno dagli 8 ai 12 GB) ragion per cui l’utilizzo del file di paginazione (chiamato anche page/swap file) non porta alcun beneficio, anzi, in alcuni casi potrebbe essere addirittura svantaggioso.
Per eliminare quindi il file di paginazione nei sistemi operativi Windows basta andare nelle Impostazioni di sistema avanzate (raggiungibile digitando l’omonima voce facendo clic sul pulsante start oppure andando nel Pannello di controllo e selezionando prima Sistema e poi, dal menu in alto a sinistra, Impostazioni di sistema avanzate), selezionare la scheda Avanzate, cliccare Impostazioni nella sezione Prestazioni, poi selezionare di nuovo la scheda Avanzate, fare clic su Cambia, togliere la spunta a Gestisci automaticamente dimensioni file di paging per tutte le unità, selezionare Nessun file di paging e infine cliccare su Imposta (riavviando, appena possibile, il computer).
Per disabilitare il file di paging su Mac OS X basta invece aprire il terminale e digitare:

sudo launchct1 unload -w /System/Library/LaunchDaemons/com.apple.dynamic_pager.plist

Successivamente, tramite il seguente comando, potrai cancellare il file di paging:

sudo rm /private/var/vm/swapfile*

Se per caso in futuro vorrai attivare di nuovo il file di paging basterà lanciare invece il seguente comando:

sudo launchct1 load /System/Library/LaunchDaemons/com.apple.dynamic_pager.plist

Disattiva le tecniche di caching

Su Windows esistono delle particolari tecniche di caching che, se utilizzate su un sistema dotato di hard disk classico, permettono di migliorarne le prestazioni. Sugli SSD, invece, queste tecniche non fanno altro che provocare ripetute micro letture e scritture con il rischio di degradarne le già notevoli prestazioni.
In particolare, la prima di queste tecniche è il Prefetch che permette di monitorare i file più utilizzati durante l’avvio del sistema operativo (e delle applicazioni) salvandoli in una speciale cartella. La seconda tecnica, invece, è il Superfetch che consiste in un’area del disco dedicata ai programmi più utilizzati (in maniera tale da renderli subito disponibili nella memoria RAM).
Per disattivarle entrambe, basta andare quindi nel registro di sistema (digitando Regedit dopo aver fatto clic sul pulsante start) e recarsi nel seguente percorso:

HKEY_LOCAL_MACHINE\System\CurrentControlSet\Control\SessionManager\MemoryManagement\PrefetchParameters

Cliccando due volte prima su EnablePrefetcher e dopo su EnableSuperfetch, modifica il valore che trovi (che di solito è 1 oppure 3) in 0 e, dopo aver fatto clic su OK, riavvia il computer.

Disabilita la cache di scrittura su disco

Nei sistemi operativi Windows esiste una funzionalità che permette di lasciare momentaneamente i dati nella memoria RAM e che solo in un secondo momento, appena possibile, li scrive sul disco. Questa funzionalità si chiama cache di scrittura e, da una parte, permette di aumentare lievemente le prestazioni ma dall’altra aumenta anche il numero delle scritture (con conseguenze che a lungo andare potrebbero provocare dei problemi).
Per disabilitare questa caratteristica basta andare quindi in Gestione dispositivi (cliccando sul pulsante start e scrivendo proprio gestione dispositivi), selezionare Unità disco e cliccare due volte sul nome dell’SSD. A questo punto basta spostarsi nella scheda Criteri, togliere la spunta ad Attiva cache in scrittura sul dispositivo e cliccare su OK (se tuttavia doveste notare un elevato decadimento delle prestazioni allora dovrai riattivare tale funzionalità).

 

Disabilita il ripristino configurazione di sistema

Il ripristino configurazione di sistema è un’altra delle funzionalità che andrebbero disabilitate nei sistemi operativi Windows. Questo perché tale caratteristica occupa prezioso spazio ma anche perché le numerose scritture effettuate sono una continua fonte di stress per un SSD.
Per disabilitare quindi il ripristino configurazione di sistema basta andare nel Pannello di controllo, cliccare su Sistema e, dal menu sulla sinistra, selezionare Protezione sistema. A questo punto clicca su Configura e seleziona Disattiva protezione sistema. Una volta disattivata, potresti anche eliminare tutti i punti di ripristino (che possono occupare parecchie decine di gigabyte) cliccando semplicemente sul pulsante Elimina.

Attiva il comando TRIM

Il comando TRIM, che funziona attraverso la modalità AHCI, permette di indicare all’SSD quali sono le aree della memoria che è possibile cancellare. Sui sistemi operativi recenti (da Windows 7, Mac OS X 10.6.8 e Linux 2.6.33 in poi), non sempre risulta abilitato come impostazione predefinita (neanche se nel sistema è già installato un SSD).
Per verificare quindi che il comando TRIM sui sistemi operativi Windows sia già attivo basta aprire il prompt dei comandi con privilegi amministrativi (cliccando sul pulsante start, scrivendo cmd e cliccando l’icona del terminale premendo contemporaneamente i tasti CTRL e maiuscolo) e, successivamente, lanciare il seguente comando:

fsutil behavior query disabledeletenotify

Se il risultato di questa espressione è uguale a 0 significa che il comando TRIM è attivato (altrimenti, se è uguale ad 1, significa che risulta disabilitato).
Se purtroppo il comando TRIM risulta disabilitato allora dovrai procedere ad abilitarlo manualmente. Per poterlo attivare devi quindi prima scaricare ed installare questa patch e successivamente entrare nel BIOS ed attivare la modalità AHCI mediante una voce simile a SATA Configuration e, dal menu che compare premendo Invio, cliccando su Configure SATA selezionando la voce AHCI (per sapere se e come sia possibile fare un’operazione del genere, ti consiglio comunque di consultare il manuale della tua scheda madre).
Per verificare che il comando TRIM sia attivo sui sistemi operativi Mac OS X basta andare nel menu Apple, selezionare Informazioni su questo Mac e cliccare su Più informazioni. A questo punto dal menu Hardware seleziona la voce ATA seriale e controlla che a fianco la voce Supporto TRIM ci sia scritto . Nel qual caso ci fosse scritto No, per attivarlo dovrai scaricare il programma Trim Enabler e cliccare su On.
Per quanto riguarda Linux (in particolare Ubuntu, Linux Mint ed elementary OS) segui questa procedura:

Prima di abilitare il TRIM assicurarsi che:

  • Si utilizzi un kernel Linux 2.6.33 o successivo. Per conoscere il kernel in uso sul sistema, digitare in un terminale il comando :

    uname -a

  • Si possegga un disco che supporti il TRIM. In un terminale digitare il comando:

    sudo fdisk -l

    per ottenere la lista delle partizioni e dei dischi presenti sul pc, questi ultimi avranno un nome del tipo sdx (ad esempio: sda, sdb, sdc..)

    Per assicurarsi che il proprio SSD supporti il TRIM, digitare il comando:

    sudo hdparm -I /dev/sdx | grep "TRIM supported"

    sostituendo «sdx» con il nome del disco.

    L’output restituito sarà simile al seguente:

    Data Set Management TRIM supported (limit 8 blocks)

    se il TRIM non è supportato, non verrà restituito alcun output.

  • Che le partizioni di Ubuntu siano nel filesystem EXT4 (o BRTFS), digitare in un terminale:

    cat /etc/mtab | grep ext4

    l’output sarà simile al seguente:

    /dev/sda1 / ext4 rw,errors=remount-ro 0 0

    se non vi sono partizioni formattate in EXT4, non verrà restituito alcun output.

N.B.Poiché sono in pochi ad utilizzare il filesystem BRTFS, la guida verterà sull’abilitazione del TRIM su EXT4.

Abilitazione del TRIM

Una volta verificato che siano soddisfatti i requisiti visti nel precedente paragrafo, è possibile passare all’abilitazione del TRIM.

Abilitazione del TRIM attraverso fstab

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi (sudo) il file /etc/fstab ed aggiungere le opzioni «discard» e «noatime» come nell’esempio successivo:

    <file system> <mount point>   <type>  <options>       <dump>  <pass>
    # / was on /dev/sdb1 during installation
    UUID=1cd2fc4f-7d99-4c7a-8ea7-6f9a2d5e5960 /               ext4    discard,noatime,errors=remount-ro 0       1

  2. Salvare le modifiche e riavviare il sistema.

In alternativa a questo metodo per l’abilitazione del TRIM è possibile seguire le istruzioni del successivo paragrafo.

Pianificazione di un’operazione giornaliera di cron

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file /etc/cron.daily/trim ed incollarvi all’interno le seguenti righe:

    #!/bin/sh
    LOG=/var/log/trim.log
    echo "*** $(date -R) ***" >> $LOG
    fstrim -v / >> $LOG
    fstrim -v /home >> $LOG

    Le ultime due righe abilitano il TRIM per la partizione root (/) e la partizione /home.

    Omettere l’ultima riga se non si ha una partizione /home separata.

    Se si hanno altre partizioni occorre aggiungere altre righe secondo la sintassi:

    fstrim -v /nome_partizione>> $LOG

  2. Prima di salvare le modifiche al file, testare se il comando fstrim funziona digitando in un terminale:

    sudo fstrim -v /

    l’output dovrebbe essere simile a questo:

    /: 8158715904 bytes were trimmed

  3. Salvare a questo punto le modifiche e rendere lo script eseguibile con il comando:

    sudo chmod +x /etc/cron.daily/trim

Partizioni criptate

Se si stanno utilizzando partizioni criptate occorrono uteriori passaggi affinché il tutto funzioni.

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file /etc/default/grub.

  2. Modificare la riga:

    GRUB_CMDLINE_LINUX=""

    in

    GRUB_CMDLINE_LINUX="allow-discards root_trim=yes"

  3. Salvare il file ed aggiornare Grub con il comando:

    sudo update-grub

  4. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file  /etc/crypttab ed aggiungere l’opzione «discard» come nell’esempio succesivo:

    #<target name>    <source device>            <key file>  <options>
    var  UUID=01234567-89ab-cdef-0123-456789abcdef  none  luks,discard

  5. Salvare le modifiche e dare infine il comando:

    sudo update-initramfs -u -k all

 

Aggiorna il firmware

Il firmware è il principale responsabile delle prestazioni di un SSD (questo perché al loro interno gli SSD hanno praticamente solo delle componenti elettroniche) ragion per cui è necessario aggiornarlo sempre all’ultima versione disponibile (in maniera tale da risolvere eventuali problemi ma, soprattutto, per migliorarne le prestazioni).
Nella maggior parte dei casi, per aggiornare il firmware è sufficiente installare il software che di solito rilascia il produttore dell’SSD stesso. Ecco un piccolo elenco per i software dei principali produttori:

Una volta installato uno di questi programmi, ti basterà semplicemente avviarlo per poter controllare (ed eventualmente installare) il nuovo firmware.

Disabilita il risparmio energetico

Il risparmio energetico e’ quell’opzione del sistema che permette di togliere l’alimentazione al disco in maniera tale da diminuire i consumi quando questo non viene utilizzato. Siccome, però, un SSD consuma molto poco quando si trova in standby (in genere meno di un watt all’ora) si può benissimo pensare di disattivare questa funzione.
Per fare coi’ sui sistemi operativi Windows basta andare nel Pannello di controllo, selezionare Opzioni risparmio energia, cliccare la voce presente a fianco della combinazione in uso (simile a Modifica impostazioni combinazione), cliccare poi su Cambia impostazioni avanzate risparmio energia e, una volta individuata la sezione Disco rigido, impostare il valore a 0 (che equivale a dire di non spegnere mai il dispositivo).
Per quanto riguarda invece Mac OS X basta andare nelle Preferenze di sistema, poi in Risparmio Energia e togliere la spunta a Metti in stop il disco rigido quando è possibile.

Un’altro consiglio da seguire è quello di disattivare uno speciale servizio che, attraverso un sensore, permette di spegnere il disco in caso di cadute o urti accidentali. Sebbene possa essere utile per un classico hard disk (soprattutto nei computer portatili), per un SSD questo meccanismo risulta dannoso in quanto spegne e blocca di colpo il disco quando non necessario.
Per disattivare quindi questa funzione in ambiente Windows basta digitare msconfig dopo aver cliccato sul pulsante start, andare nella sezione Avvio, togliere la spunta ad FF_Protection_Application e infine cliccare su Applica e poi su OK (riavviando, appena possibile, il computer).
Per quanto riguarda i sistemi operativi Mac OS X, bisogna seguire una procedura un po’ più complicata. Apri quindi il terminale e, per determinare se il sensore è attivo o meno, scrivi:

sudo pmset -g

Una volta inserita la password dell’amministratore, se ottieni il valore 0 significa che il servizio è disattivato altrimenti, se ottieni 1, significa che il servizio è invece attivo. Per disattivarlo ti basterà dunque scrivere:

sudo pmset -a sms 0

A questo punto controlla tramite il primo comando (sudo pmset -g) e verifica se il servizio è stato correttamente disattivato. Casomai volessi riattivarlo dovrai scrivere:

sudo pmset -a sms 1

Conclusioni

Una volta messi in pratica questi consigli dovreste notare un aumento delle prestazioni del vostro SSD (o quantomeno dovreste avergli allungato la vita). Se comunque volete verificare lo stato di salute dell’ SSD potreste leggere i parametri S.M.A.R.T. oppure verificarne le prestazioni attraverso dei semplici programmi gratuiti come CrystalDiskInfo se utilizzi un sistema operativo Windows, Smart Utility (in versione trial) se utilizzi un sistema operativo Mac OS X e attraverso il package Smartmontools se utilizzi invece un sistema operativo Linux. Inoltre, se usi un sistema operativo Windows, potresti scaricare un ottimo programma gratuito come SSD Fresh che ti permetterà di avere accesso direttamente alle varie impostazioni consigliate in questo articolo in maniera tale da migliorare le prestazioni di un SSD con pochi e semplici clic.

 

#SSDottimizziamoilnostrodisco

Dynamic DNS con Duck

Dusck DNS

Dusck DNS

Il DNS Dinamico o DDNS, è una tecnologia che consente di associare un’indirizzo DNS ad un’indirizzo IP dinamico, solitamente un indirizzo IP privato di utenza internet domestica.
Questa funzionalità ci consente di mantenere uno stesso indirizzo pur avendo una connessione con IP variabile, consentendoci quindi di poter accedere da remoto al nostro sistema senza dover utilizzare un’indirizzo IP statico.

Duck DNS è un servizio web gratuito (basato su Amazon EC2) che ci consente di avere il nostro DNS Dinamico correlato al nostro indirizzo IP; una volta creato dovremo impostarlo nel nostro router (nella maggior parte dei router è disponibile questa opzione) , impostando le regole di PortMapping, in maniera tale da consentici l’accesso da remoto al nostro sistema.

Il team The Fan Club (noto per lo sviluppo di Grive Tools il miglior client per Google Drive per Linux) ha creato il Duck DNS Setup, un semplice script che ci consente di impostare correttamente Duck DNS in maniera tale da segnalare eventuali cambiamenti del nostro indirizzo IP.

Duck DNS Setup è disponibile in due versioni, una a riga di comando e l’altra con interfaccia grafica (richiede di avere installato il pacchetto zenity cron e curl sulla nostra distribuzione), inoltre il tool è disponibile anche per sistemi quali Apple Mac OS X e Windows.
Lo script si occupera’ anche di andare ad aggiornare automaticamente il nostro indirizzo IP in Duck DNS ogni 5 minuti.

– INSTALLARE DUCK DNS 
Prima di procedere con l’installazione di Duck DNS Setup dovremo procedere alla creazione di un’account sul sito Duck DNS , e per farlo ci basta collegarci sulla pagina indicata e cliccare in alto su Login in Twitter, Facebook, Reddit o Google. Una volta effettuato il login dovremo creare un nuovo indirizzo correlato al nostro IP, che avra’ una forma del tipo:

http://<nome scelto>.duckdns.org

Una volta creato un’account bastera’ scaricare la versione a riga di comando da QUI ( Duck DNS Setup – Linux/OSX Command Line) o con interfaccia grafica ( Duck DNS Setup – Linux GUI) da questa pagina.

Per la versione di Duck DNS Setup a riga di comando basta estrarre il file .tar.gz e spostare il file duck-setup.sh nella home e da terminale digitare:

chmod +x duck-setup.sh
./duck-setup.sh

Una volta lanciato lo script ci verrà chiesto di inserire l’indirizzo Duck DNS associato al nostro IP (precedentemente creato) e successivamente il lungo codice Token, assegnato sulla pagina di creazione del dominio, come verifica;
al termine ci verrà confermata l’attivazione di Duck DNS sul nostro sistema

Per rimuovere Duck DNS Setup basta digitare:

./duck-setup.sh remove

oppure

./duck-setup-gui.sh remove

e confermiamo la rimozione

Antivirus su Linux ?

ClamavAvrete sicuramente sentito dire che non serve un antivirus per linux perché i virus vengono creati per Windows e perché, qualora vengano scritti anche per Linux, sarebbe molto difficile che riescano a fare danni.
Questo in buona parte è vero perché Linux, oltre ad essere per sua natura meno vulnerabile di Windows, adotta da sempre tecniche che non permettono l’esecuzione di codice critico da parte degli utenti “piu’ esperti“.
E allora che senso ha produrre un antivirus per Linux?
I motivi per i quali è consigliabile installare un antivirus per linux possono essere molti. In genere quando c’è una condivisione di dati tra sistemi operativi diversi è buona norma installare un antivirus su entrambi i sistemi; quindi è consigliabile installarlo in presenza di server di rete dove sono presenti condivisioni di rete verso computer Windows, oppure nei sistemi dual-boot che condividono una partizione per i dati o in tutti i sistemi linux nei quali si utilizza un cloudstore come dropbox.
Detto questo vediamo di parlare di quello piu’ storico ed utilizzato.

ClamAV
In ambito Linux è il più conosciuto perché è completamente open source e si integra benissimo con altri programmi come server email, proxy ecc. E’ disponibile nei repository delle principali distribuzioni, ed è quindi facilmente installabile. Per gli utenti desktop esiste anche frontend grafico ClamTK che ne facilita l’utilizzo da parte degli utenti meno esperti.

INSTALLAZIONE
In questo articolo viene indicato come installare e utilizzare l’antivirus clamav,  che nasce come applicativo da linea di comando.

:~# sudo apt-get install clamav clamav-freshclam

* Quindi inizializzare clavam scaricando i files delle definizioni con il comando freshclam

:~# clamscan --infected --remove --recursive /tmp

possiamo testare l’installazione eseguendo ad esempio

clamscan ~

Possiamo effettuare un primo controllo antivirus di tutta la home con l’opzione -r

clamscan -r /home

Se vogliamo visualizzare  solo i file infetti e il sommario evitando di visualizzare l’elenco dei files possiamo usare l’opzione -i

clamscan -i ~

Aggiornare i database delle definizioni dei virus

Per aggiornare i database delle definizioni dei virus come detto  si può usare

sudo freshclam

E’ decisamente più comodo effetture questa operazione in backgroud sfruttando il demone di freshclam. Freshclam, infatti, si installa anche come servizio con ad esempio:

sudo freshclam -d

si può controllare con

#~$ sudo sysv-rc-conf --list | grep clam
clamav-fresh 0:off 1:off 2:on 3:on 4:on 5:on 6:off

per impostare il demone in modo che effettui, ad esempio, due check al giorno per nuovi database delle definizioni si puo’ usare il comando

sudo freshclam -d -c 2

Per effettuare lo scan di tutto il sistema evidenziando solo i file infetti e producendo un allarme acustico in caso di rilevazione di virus si può utilizzare il comando

#~$ clamav -r --bell -i /home

Per registrare una scansione di tutto il sistema salvando i dati relativi ai file infetti si può usare un comando del tipo:

sudo clamscan -r / | grep FOUND >> /path/clamav-data-scan.txt

Clamav non effettua le disinfezione dei file. I file infetti possono essere post

Clamav PPA

Per disporre sempre della versione più recente di ClamAV si può utilizzare il ppa specifico che si installa con

sudo add-apt-repository ppa:ubuntu-clamav/ppa
sudo apt-get update
sudo apt-get install clamav nautilus-clamscan

Primo Test

# clamscan --infected --remove --recursive /home
----------- SCAN SUMMARY -----------
Known viruses: 4167603
Engine version: 0.98.1
Scanned directories: 13
Scanned files: 10
Infected files: 0
Data scanned: 0.03 MB
Data read: 0.03 MB (ratio 1.00:1)
Time: 52.978 sec (0 m 52 s)

in questo caso come si puo’ vedere nel sommario, non sono stati trovati virus, adesso per poter fare un test “reale” possiamo effettuare questo secondo test :

Secondo Test

# download test virus
Scaricate da questo link il file (virus) in questione
cd /home/<nime utente>/Scaricati/
wget http://www.eicar.org/download/eicar.com

adesso possiamo effettuare nuovamente la scansione

clamscan --infected --remove --recursive /home

il risultato finale dovrebbe essere come questo

./eicar.com: Eicar-Test-Signature FOUND
./eicar.com: Removed.

Buona caccia!

Torino verso Linux

comune_torinoUbuntu e ODF liberano Torino

Torino ha deciso di puntare su Linux, sistema operativo libero che consentirà di guadagnare più di 6 milioni di Euro di soldi pubblici, nello specifico la versione prescelta sara’ Ubuntu.

Cosi dopo Udine anche la città di Torino ha deciso di dire addio a Windows e Microsoft Office per puntare su Linux e il software libero (ed era ora) . La migrazione da Microsoft Windows e Office consentirà non solo di risparmiare moltissimi soldi ma fornirà sistemi e software più sicuri e stabili garantendo cosi ai propri cittadini servizi molto più affidabili.

Ad annunciarlo è stato il portale di Repubblica.it indicando che con Microsoft Windows e Office ogni uno dei 8300 personal computer dell’amministrazione costava circa 300 Euro di licenze per il software proprietario, la migrazione ad Ubuntu Linux consentirà quindi di non avere più nessuna spesa facendo risparmiare circa 6 milioni di Euro di soldi pubblici che potranno essere investiti per migliorare i servizi comunali.

Tutto questo parlare di soldi ha chiaramente il suo valore ma mi dispiace notare che nessuno parli invece dell’accrescimento che queste operazioni possono portare verso una migliore gestione sistemistica, per tutto cio’ che sta dietro ai portali inerenti a Regione, Anagrafe, Comune ecc….., portandoli cosi’ anche verso una unificazione del formato dei documenti digitali verso Il formato OpenDocument (ODF); quest’ultimo è un formato aperto per file di documento per l’archiviazione e lo scambio di documenti per la produttività di ufficio, come documenti di testo (memo, rapporti e libri), fogli di calcolo, diagrammi e presentazioni, dal momento che un obiettivo dei formati aperti come OpenDocument è quello di garantire accesso a lungo termine ai dati senza barriere legali o tecniche.

Per quanto riguarda i documenti nel formato OpenDocument, le estensioni più comuni sono:

.odt – documenti di testo

.ods – fogli di calcolo

.odp – presentazioni

.odg – grafica

.odb – database.

Torino diventerà presto una città completamente open source, come già accaduto a Monaco, Bolzano e molte altre città, visto anche i tanti vantaggi ottenuti dalla migrazione ben presto anche l’intera regione Piemonte potrebbe migrare verso il software libero.