Navigare piu’ sicuri con una chiavetta Usb

Naviga sicuro - YubiKeys

Naviga sicuro – YubiKeys

Alle nostre password affidiamo ormai la sicurezza di tutti i nostri servizi online (social network, home banking, dischi virtuali con foto personali dati etc…) , tutto cio’ anche se siamo, in qualche modo, consapevoli della loro debolezza di fondo.
Immaginiamo seppur inconsapevolmente che, se qualcuno le dovesse rubare potrebbe avere accesso ai nostri, in totale liberta’, anonimato e senza alcun tipo di controllo.

Certo sappiamo che esiste gia un metodo, a oggi ampiamente diffuso, per proteggersi da questo scenario fin troppo comune e si chiama “autorizzazione a due fattori” (in gergo 2FA) o “verifica in due passaggi” . Questo si basa su un assunto molto semplice, ossia, per poter accedere a un servizio, l’utente deve conoscere qualcosa, ovvero la/le propria password (primo fattore), e possedere qualcosa, come un cellulare (secondo fattore). Ad oggi il sistema 2FA più diffuso, disponibile per le maggiori piattaforme, passa per l’invio di un codice speciale tramite SMS, da inserire in aggiunta alla password (vedi Gmail). Un procedimento noioso, che diventa inutile se per un qualche motivo non abbiamo a portata di mano il dispositivo autorizzato a ricevere il codice, oppure semplicemente abbiamo cambiato numero di cellulare e non abbiamo aggiornato il profilo (tragedia).

Sicurezza via USB
La svedese Yubico ci propone una soluzione diversa, infatti al sistema incentrato sullo smartphone, essa sostituisce con una pennina USB, da usare come secondo fattore. Il prodotto in questione si chiama Yubikey e ne esistono diversi modelli, distinti per caratteristiche e protocolli supportati. Il funzionamento è semplice, quando ci si collega ad un servizio online, come ad esempio Gmail, basta digitare la password e poi toccare la pennina inserita in una delle porte USB del computer. Il sistema remoto riconosce la presenza del dispositivo e consente l’accesso dell’utente. Alla base del procedimento c’è un protocollo open source, chiamato Fido U2F (Universal Two Factor), che la Yubico ha sviluppato in collaborazione con Google. Il protocollo e’ OPEN dunque, qualsiasi sviluppatore può abilitarlo per il proprio servizio online.

Le nostre prove hanno confermato la semplicità del procedimento di autenticazione ma, come sempre non e’ tutto oro cio che luccica, ed in questo caso c’è una complicazione da non sottovalutare ossia che, l’impostazione iniziale della Yubikey va fatta per ogni servizio, con procedure quasi mai identiche e spesso nascoste fra le mille opzioni specifiche per la singola piattaforma. Certamente nulla che non possa riuscire anche all’utente medio, magari con l’aiuto delle guide in linea di fornite dalla stessa Yubico, ma comunque un procedimento in più che potrebbe scoraggiare chi non utilizza la verifica in due passaggi per ragioni di pigrizia. Dovremmo pero’ ricordarci tutti che e’ proprio la pigrizia la componente preferita da chi vuole rubarci i dati.

Compatibilità e versioni disponibili
Fra i maggiori browser, Chrome di Google è attualmente l’unico che è compatibile nativamente con Yubikey (dalle versione 41 in poi). Per Safari e Firefox esistono dei plugin specifici da installare per attivare il supporto alle chiavine di Yubico. Quanto ai servizi online, la compatibilità è completa per Google, Dropbox e Salesforce. Per WordPress, la nota piattaforma di blogging, è disponibile un plugin di compatibilità. Niente da fare al momento per i servizi Apple: l’azienda ad oggi non ha mostrato alcuna intenzione di adottare il protocollo Fido U2F sviluppato da Yubico e Google.

La Yubikey Edge, che supporta FIDO U2F, costa 34€, Il modello superiore, Yubikey Neo, aggiunge la possibilità di abilitare la verifica in due passaggi anche tramite NFC su alcuni smartphone Android, costa 59€. Entrambe sono acquistabili online su Amazon Italia.

Ma qualcuno si stara’ chiedendo, “cosa succede nel caso la Yubikey venga smarrita o rubata ???”, beh! nessuna paura poiche’ si può accedere ai vari account tramite il sistema 2FA basato sull’invio di un codice SMS, che è comunque buona norma mantenere attivo, ed una volta entrati sarà possibile cancellare l’associazione con la chiavetta che non è più in nostro possesso. L’alternativa, come per le chiavi dell’auto, è possederne due (entrambe da autorizzare su tutti i servizi, però) e lasciarne una in un posto sicuro.

Speriamo che l’argomento di questo articolo, oltre ad avervi ato una buona alternativa nella gestione della vostra privacy, vi abbia anche fatto riflettere sull’importanza, sempre maggiore, di mantenere alti i livelli di sicurezza di vostri dati personali.

 

#NavigasicuroconYubikey

CoreOS nuova rivoluzione nel Cloud

CoreOS new Cloud System

CoreOS new Cloud System

Poco tempo fa ho pubblicato un breve articolo introduttivo riguardante CoreOS ed il suo uso nei DataCenter, ma in pratica cos’ha di così interessante CoreOS ? Lo sviluppatore di CoreOS, Alex Polvi, è partito da ChromeOS, il sistema operativo sviluppato da Google intorno al browser Chrome, per ottenerne molto di più.

Dunque, partendo da questo presupposto si potrebbe affermare che CoreOS e’ in definitava una distribuzione Linux pensata per gli ambienti server, ma a differenza dei prodotti Linux-based già riservati al settore server ed enterprise, CoreOS prevede solo il kernel di Linux ed il systemd, ossia il gestore dei processi per avviare i servizi essenziali all’inizializzazione del sistema.

In pratica questo sistema operativo è pensato per i clienti che devono avviare e gestire cluster di centinaia di server e si inserisce quindi come un server Linux per le distribuzioni ad alto volume di dati e di traffico (IaaS, PaaS, SaaS). In maniera molto semplicistica, potremmo dire che CoreOS impacchetta Internet in una singola postazione, permettendo di ospitare infrastrutture simili a quelle di Amazon e Google sul proprio computer, grazie alla potenza di questo sistema operativo altamente scalabile che portera’ non poco risparmio alle startup del mondo cloud computing.
CoreOS offre quindi l’infrastruttura necessaria a ospitare i componenti di qualsiasi applicazione Web e non è dotato di null’altro, se non dei bit sufficienti per eseguire i contenitori. A tale riguardo, come gestore dei contenitori, CoreOS utilizza Docker e, come già spiegato in precedenza, la scelta dei contenitori, a differenza della virtualizzazione, permette di gestire meglio le performance della macchina e di distribuire la medesima configurazione su differenti hardware.

CoreOS, inoltre, si rifà a ChromeOS per quanto riguarda la questione degli aggiornamenti, infatti il sistema operativo supporta gli aggiornamenti automatici in background e non crea problemi d’inconsistenza dati, in quanto funziona su due partizioni disco, attivate alternativamente uno alla volta, in questo caso la partizione inattiva potra’ essere aggiornata offline effettuado uno swap dei dischi seguito da un riavvio, in modo da poter procedere con gli aggiornamenti. Il riavvio potra’ richiedere da mezzo secondo a un secondo netto.

Infine, CoreOS utilizza una partizione di sola lettura per il filesystem e include il componente etcd come servizio distribuito di configurazione.

Nel prossimo articolo vedremo come funziona nella pratica, nel frattempo vi invito a dare un’occhiata al video qui riportato dal titolo parlante : “PlayStation: Developing Apps on CoreOS”

 

CoreOS anche su Big G

CoreOS Cloud System

CoreOS Cloud System

Da meta’ Maggio la piattaforma di cloud IaaS di “Big G” è in grado di ospitare virtualizzazioni del sistema operativo CoreOS; tramite un annuncio sul blog del servizio è stata resa nota la disponibilità alla creazione di infrastrutture basate su questo sistema innovativo e che permetterà di realizzare infrastrutture in maniera semplice ed efficace.

Il progetto CoreOS è nato da due ingegneri di Rackspace, Alex Polvi e Brandon Philips, e da un ex dipendente Google, Michael Marineu: i tre hanno dato vita ad un sistema operativo dedicato alla tecnologia cloud, molto leggero nel consumo di risorse e in grado di attivare un cluster complesso in poco tempo grazie a degli strumenti di orchestrazione unici. I due componenti chiave di CoreOS si chiamano etcd e fleet: entrambi sono scritti nel linguaggio Go e servono ad alimentare rispettivamente le configurazioni del cluster e il deploy delle applicazioni tramite dei container Docker.

Google si allinea quindi a Amazon EC2, Rackspace Cloud e altri provider di infrastrutture cloud dove CoreOS è già selezionabile, il sistema operativo è già compatibile con OpenStack e KVM, aspettiamoci di vedere presto crescere le quote di mercato di questo prodotto possiamo ritenere che riempa il buco dei sistemi operativi dedicati al clouding.

 

#Coreoscloudcomputingsystem

CoreOS ed uso nei Datacenter

CoreOS Docker Cluster

CoreOS Docker Cluster

Ormai l’ho capito, dai tanti esempi di storie di successo in campo informatico che, le migliori invenzioni si realizzano nei garage. Così come i due famosi Steve furono capaci di creare da zero il primo Mac, così i creatori di Google concepirono il loro motore di ricerca proprio in un garage o giu’ di li. La storia che si sente inizia sempre cosi :
“Qualche anno fa, in un garage della Silicon Valley…” etc… ; ma cosa ci sarà mai in questi garage americani ?!?


Nasce così CoreOS

CoreOS è praticamente una leggerissima distribuzione Linux solo con kernel e systemd. Questa distribuzione, che effettua il boot in un paio di secondi, è pensata per chi deve realizzare e gestire cluster di centinaia, addirittura migliaia, di nodi. Praticamente permette di realizzare, con hardware di proprietà, un’infrastruttura IT come quella di Amazon o Google. Oltre ad essere già disponibile sui sistemi cloud di Amazon, di Rackspace e di Google ultimamente anche Microsoft ne ha annunciato la disponibilità su Windows Azure.

Il prodotto è davvero interessanteinfatti, in poco tempo ha avuto migliaia di raccomandazioni su GitHub ed una cifra compresa tra uno e cinque milioni di dollari da gruppi di investimento privati.

CoreOS, il cui codice è interamente disponibile su GitHub, è fortemente basato sudocker“, etcd e systemd oltre ad avere un sistema di aggiornamento del sistema operativo sottostante molto innovativo chiamato FastPatch:

FastPatch aggiorna l’intero sistema operativo in un’unica soluzione, non i singoli pacchetti, su uno schema di partizioni attivo/passivo e siccome le applicazioni e le configurazioni risiedono in ambienti completamente separati e indipendenti, non si corre il rischio di lasciare alcuni nodi del cluster in uno stato di inconsistenza.

Quindi se la vostra esigenza è quella di creare un cluster, CoreOS rappresenta davvero un’ottima scelta.

Nel prossimo articolo vedremo come creare un cluster CoreOS con Vagrant .

 

#CoreOSsistemaclusteravanzato

Server Virtuali – Quali scegliere

VPS Cloud Hosting

VPS Cloud Hosting

Quali sono le migliori offerte per un VPS ?

Cercando sul Web la parola chiave “VPS” (Virtual Private Server) compaiono decine di offerte, tutte piu’ o meno interessanti, ma come trovare quelle piu’ adatta alle nostre esigenze ?
Un server virtuale e’ fondamentalmente un computer che viene messo a nostra disposizione per installarci la nostra distribuzione Linux preferita ed ogni altro pacchetto (web o db o altro..) che possa servire ai nostri scopi ma, con la differenza che, la manutenzione non spetta a noi e costa meno (sempre che non si abbia intenzione di realizzare un progetto di dimensioni medio-grandi).

Proviamo quindi a dare un’occhiata ad alcune delle migliori offerte di VPS che possiamo scovare oggi sul Web :

# Amazon EC2

ha un’offerta di VPS su rete Cloud, che quindi costa poco e permette di avere anche un buon controllo sul server. L’offerta Linux T2 Small prevede 1 CPU e 2 GB di RAM. Costo 10,25 $ dollari al mese per un anno di contratto.
Per maggiori info : https://aws.amazon.com/ec2/instance-types/

# MyHosting

offre dei server con Ubuntu gia preinstallato, purtroppo propone solo 1 GB di RAM ma ben 11 processori virtuali. Costo 15,95 $ dollari al mese/
Per maggiori info : http://myhosting.com/ubuntu-vps

# Aruba Cloud Smart Server

il servizio offerto da Aruba “Small” consiste in 1 CPU ed 1 GB di RAM e 20 GB di disco. Costo 6,70 $ al mese.
Per maggiori info : http://www.cloud.it/cloud-computing/caratteristiche.aspx

# Dotblock

propone dei VPS Redundant oppure Scalable composti da 1 CPU 20 GB SSD per lo spazio disco ed 1 GB di RAM. Costo 9,95 $ dollari al mese.
Per maggiori info : http://www.dotblock.com/redundant.php – http://www.dotblock.com/scalable.php

# Dreamhost 

offre un servizio base VPS con banda illimitata 1 GB di RAM e 30 GB SSD di spazio disco.
Costo 15 $ al mese.
Per maggiori info : http://www.dreamhost.com/hosting/vps/

# Google Compute Engine

l’offerta di Google e’ davvero molto varia e direi componibile, ma per par condicio , rimanendo sulla stima degli altri vendor ho scelto l’opzione “g1-small” che e’ formata da 1,7 GB di RAM ed una condivisione dei processori all’interno del Cloud. Costo (calcolato in base al listino orario attuale pari a 0,023 $ all’ora)16,56 $ dollari al mese.
Per maggiori info : https://cloud.google.com/compute/

*Nota: ovviamente le offerte che possiamo trovare in giro sono molte di piu’ quindi questa e’ solo una piccola carrellata per aiutare a capire com’e’ composta la media dei servizi offerti.

PS: le caratteristiche dei servizi (cpu, ram, spazio disco ecc…) riportati nell’articolo non sono da considerarsi fissi, in quanto i vendor cambiano molto spesso i listini.