Rintraccia il tuo Android

Rintracciare il proprio Smartphone Android

Rintracciare il proprio Smartphone Android

N.B.: spiare le attività di altre persone è un reato punibile dalla legge. Questo breve tutorial è stato scritto a puro scopo illustrativo e con l’unica finalita’ di spiegare come rintracciare il “proprio” cellulare a seguito di un furto, dunque io non mi assumo alcuna responsabilità circa l’uso, potenzialmente improprio, che potresti fare delle indicazioni presenti in esso.

PREMSESSA
Vorresti “rintracciare” il tuo stesso cellulare per poterlo comandare da remoto in caso di furto o smarrimento?

I)
Allora ti consiglio di provare Cerberus, un’applicazione antifurto robusta e affidabile che permette di monitorare qualsiasi smartphone Android da remoto e comandarlo via Web o via SMS (esclusivamente in quei casi in cui la connessione Internet non fosse disponibile). Costa 4,99 euro ma è disponibile in una versione di prova gratuita che consente di provarla per 7 giorni.

Per scaricare Cerberus sul tuo telefono, cercalo direttamente sul Play Store ed installalo. Dopodiché avvia l’applicazione, premi sul pulsante per creare un account Cerberus e compila il modulo che ti verra’ proposto inserendo tutti i dati richiesti.

Ad operazione effettuata, premi su Abilita amministratore dispositivo e Concedi permesso Superuser (solo se hai un terminale sbloccato tramite root) per consentire a Cerberus di prendere il controllo del telefono. Scegli quali funzioni di monitoraggio attivare dal menu configurazione principale ed il gioco è fatto.

Da questo momento in poi potrai monitorare il tuo stesso smartphone collegandoti al sito Internet di Cerberus oppure scaricando il client del servizio  su un altro terminale Android.

Il pannello di amministrazione di Cerberus è estremamente intuitivo, tra le funzionalita’ a cui avrai accesso ci saranno, ad esempio, la visualizzazione con relativa posizione geografica del tuo smartphone (in tempo reale o all’ultima localizzazione effettuata, grazie alla cronologia degli spostamenti memorizzata automaticamente dalla App), oppure potrai impostare la riattivazione automatica del GPS in caso di disattivazione (richiede lo sblocco utenza root) e potrai comandare la fotocamera per realizzare foto e video che ritraggono l’ambiente circostante, cosi da poter capire esattamente dove si trova il device o scoprire, ad esempio, l’identità della persona che ti ha sottratto il telefono.

Inoltre con Cerberus si potra’ registrare l’audio dal microfono dello smartphone, visualizzare un messaggio di avviso personalizzato sullo schermo di quest’ultimo e molto altro ancora. Insomma provatelo e non ve ne pentirete !!

II)
Un’altra ottima applicazione con la quale potrete rintracciare un cellulare Android per finalità di antifurto è Lost Android, che inoltre è completamente gratuito.
Una volta installata, questa App permette di comandare lo smartphone da remoto tramite Web o tramite SMS per accedere a una vasta gamma di funzioni. Come di consueto per App di questo tipo e livello, per poterne sfruttare appieno le potenzialità, raccomandiamo vivamente di impostarla come Device Administator, così facendo, sarà possibile usufruire completamente di funzioni avanzate quali:

  • localizzazione del terminale da remoto;
  • attivazione e disattivazione di Wi-Fi e GPS;
  • far suonare l’allarme;
  • visualizzare, durante il boot, sul lockscreen o come semplice popup, un messaggio di avviso;
  • rintracciare il ladro monitorando l’inserimento di una nuova SIM da parte del malintenzionato,
  • dirottare i servizi di controllo remoto tramite SMS, visualizzando un messaggio di errore sul display che, alla pressione del pulsante OK, scatterà una foto con la fotocamera frontale, per cercare di catturare l’identità del malintenzionato;
  • recuperare la lista di chiamate e SMS effettuati
  • blocco del device tramite PIN;
  • formattazione della scheda sd;
  • wipe della memoria interna del device, altrimenti detto ripristino alle impostazioni di fabbrica, con cancellazione di dati, account, password, app installate, e così via….

 

Ricordo in fine che installazioni di App specifiche a parte, e’ comunque possibile localizzare e comandare da remoto il proprio smartphone anche con l’utilizzo di Gestione Dispositivi Android, il servizio antifurto di Google fornito gratuitamente con tutti i dispositivi Android.

 

in-memory computing grandi moli di dati direttamente nella memoria

In-Memory Computing Database

In-Memory Computing Database

La quantità di dati prodotti e gestiti giornalmente in ogni parte del mondo ha raggiunto dimensioni inimmaginabili rispetto anche solo a cinque anni fa. Internet of Things, Digital Technology, Mobility sono solo alcune delle ultime evoluzioni tecnologiche che hanno impresso a questo fenomeno un’accelerazione esponenziale. Un trend, visibile in tutti i settori dell’economia e in ogni parte del mondo.
La complessità degli attuali scenari competitivi obbliga le aziende al continuo riallineamento dell’offerta sulla base dei cambiamenti repentini della domanda. Big Data e Internet of Things restituiscono un ricco bacino informativo da cui sviluppare nuove opportunità di business, ma generano al contempo nuove sfide di governance.

L’in-memory computing è la chiave di volta per rispondere proattivamente all’effervescenza del mercato, perché permette di elaborare grandi moli di dati direttamente nella memoria centrale del sistema, restituendo le informazioni pertinenti con maggiore rapidità.
Il ricorso a piattaforme di “in-memory” via cloud permette di dotarsi di un’infrastruttura prestazionale e scalabile per il data management, con vantaggi di affidabilità, agilità e performance, a supporto di applicazioni analitiche e mission-critical.

In altre parole, l’in-memory computing elimina la necessità di eseguire operazioni di ricerca e recupero delle informazioni su disco ogni volta che viene eseguita un’elaborazione, rendendo trascurabile la latenza di accesso ai dati. Questo nuovo modello tecnologico porta ad un forte miglioramento delle performance di sistema e contiene in sé il potenziale per un’innovazione epocale delle attività di elaborazione elettronica, insomma una nuova era, caratterizzata da un più rapido ed efficiente accesso ai dati.
Due fattori principali stanno contribuendo alla forte espansione dell’ in-memory computing:

Processori a 64 bit
Con il rilascio del processore a 64 bit, avviene una vera e propria rivoluzione nelle capacità di
memoria potenzialmente utilizzabili.

Continua diminuzione del prezzo della RAM
Negli ultimi 30 anni i prezzi della RAM sono diminuiti di oltre 500.000 volte:

Nel frattempo i retailers, alla costante ricerca di strumenti di analisi dei dati per assumere decisioni tempestive in maniera rapida e confidente, hanno un potenziale enorme, a oggi ancora inespresso, nei dati immagazzinati nei propri sistemi, siano essi transazionali o memorizzati in data-warehouse, siano essi prodotti e gestiti dall’azienda o provenienti dalle interconnessioni con il proprio eco-sistema composto da clienti, fornitori, partner commerciali etc… Questa impressionante mole d’informazioni è un patrimonio fondamentale che può essere reso disponibile per prendere decisioni immediate, in modalità real-time ad ogni livello della propria catena decisionale.

Al pari di un comune database, il motore di In-Memory Computing supporta gli standard di settore, come SQL e MDX, ma include anche un motore per il calcolo ad alte prestazioni che integra il supporto del linguaggio procedurale direttamente nel kernel del database. Tale approccio elimina l’esigenza di leggere i dati dal database, elaborarli e quindi riscriverli nuovamente nel database.

Il motore di In-Memory Computing propone quindi significative innovazioni tecniche come l’utilizzo del nucleo della CPU e la massiccia elaborazione parallela. In particolare la velocità, la scalabilità e la capacità di compressione dei dati sono i suoi veri punti di forza tecnici.

Tra le prime aziende a credere ed investire in questa tecnologia e’ stata SAP che ha creato una propria soluzione HANA, una nuova tecnologia destinata a cambiare il mercato, in particolare della Business Intelligence.

Hana e’ una nuova soluzione ibrida basata sulla tecnologia di in-memory computing, che sarà installata su diversi server e apparati di Dell, Hp, Ibm e Fujitsu. Coinvolte nel progetto anche Cisco e Intel. Si chiama Hana (acronimo di High Performance Analytic Appliance) ed è una soluzione che comprende la prima appliance analitica basata sulla tecnologia ‘in-memory computing’.

HANA è una combinazione di software e hardware sulla quale possono girare applicazioni sviluppate appositamente ma che può anche essere accostata a tradizionali sistemi ERP e di business intelligence.

Le regole del gioco cambiano quindi con il software in-memory di SAP HANA:

Perché attendere analisi effettuate su dati già obsoleti? Perché accettare elaborazioni di transazioni, esecuzione dei processi e ricerca di informazioni troppo lenti?
Affidati alla piattaforma SAP HANA per attingere a volumi elevati di informazioni dettagliate e aggiornate al verificarsi degli eventi.

Perché scegliere SAP HANA?

  • Velocità: gestire volumi di dati massivi in secondi, non in ore
  • Agilità: decisioni real-time supportate da informazioni real-time
  • Ordine: ottenere informazioni da ogni dato, strutturato o non strutturato
  • Penetrazione dei dati: indagare, e ottenere risposte, immediatamente
  • Potenza: eseguire nuove applicazioni che sfruttano le potenzialità delle informazioni
  • Cloud: un modello cloud-based sicuro, scalabile e robusto
  • Innovazione: utilizzare la conoscenza per guidare il cambiamento, velocemente come mai prima
  • Semplicità: ridurre costi e complessità per ogni volume o tipo di dato
  • Valore: ottimizzare il business per creare nuove offerte e aumentare i margini di profitto
  • Scelta: utilizzare l’hardware e il software che si preferiscono

Tutto ciò significa che attraverso HANA, le applicazioni possono delegare le operazioni direttamente alla memoria invece che ai dischi. L’informazione viene così conservata e analizzata in HANA, invece che immagazzinata in tabelle statiche all’interno di database tradizionali.

IN-MEMORY COMPUTING, la tecnologia c’e’ e vale la pena provarla.

10 consigli per migliorare le prestazioni di un SSD

Dischi SSD ottimiziamoli

Dischi SSD ottimiziamoli

Gli SSD hanno delle grosse differenze rispetto ai comuni dischi fissi, sia costruttive che nel funzionamento, e pertanto non possono essere trattati come questi (altrimenti si rischierebbe di provocare più danni che benefici). Per non perdere prestazioni nel tempo, ma soprattutto per rendere sempre al massimo, gli SSD necessitano quindi di una manutenzione accurata e di alcune impostazioni particolari. Ecco quindi alcuni utili consigli da seguire per migliorare le prestazioni di un SSD.

Disattiva la deframmentazione

Questo primo consiglio vale se utilizzi un sistema operativo Windows, questo perché nelle unità a stato solido non c’è il problema della frammentazione dei dati, ragion per cui la deframmentazione non porta alcun beneficio, anzi, col passare del tempo, potrebbe addirittura ridurne decisamente la vita (oltre che le prestazioni).
Di conseguenza, per disattivare la deframmentazione, basta cliccare sul pulsante start e scrivere deframmentazione. Si aprirà quindi l’Utilità di deframmentazione dischi nella quale dovrai cliccare su Configura pianificazione e, successivamente, su Seleziona dischi dove dovrai togliere la spunta a fianco il nome dell’unità a stato solido (se nel computer hai solo un SSD basta togliere invece la spunta direttamente da Esegui in base a una pianificazione (scelta consigliata)) e infine cliccare su OK (una o due volte a seconda del caso).

Disabilita l’indicizzazione

L’indicizzazione permette di fare delle ricerche più rapide ed è molto utile nei classici hard disk. Negli SSD, al contrario, l’indicizzazione provoca continue letture e micro scritture che a lungo andare potrebbero risultare nocive per le unità a stato solido.
Per disabilitare quindi l’indicizzazione nei sistemi operativi Windows, basta andare nelle proprietà del disco (cliccando sull’icona Computer o Questo PC, selezionando l’SSD con il tasto destro del mouse e scegliendo Proprietà) e successivamente togliere la spunta a Consenti l’indicizzazione del contenuto e delle proprietà dei file di questa unità. Oltre a fare questo ti consiglio però di disabilitare anche il relativo servizio quindi fai clic sul pulsante start e digita services.msc (seguito dalla pressione del tasto Invio). Trova il servizio chiamato Windows Search e fermalo (basta cliccare col tasto destro del mouse e selezionare Arresta). Una volta fermato, fai doppio clic sul nome del servizio e dal menu a tendina a fianco la voce Tipo di avvio seleziona Disabilitato, poi clicca su Applica e infine su OK.
Nei sistemi operativi Mac OS X l’indicizzazione viene invece gestita da Spotlight. In questo caso puoi disabilitare completamente il servizio da riga di comando (dalla cartella Applicazioni, seleziona la cartella Utilità e poi clicca sull’icona del Terminale) attraverso la seguente stringa di comando:

sudo mdutil -a -i off

Se vuoi semplicemente escludere dall’indicizzazione solo per determinate cartelle basta agire invece dalle preferenze del programma (Preferenze di sistema > Spotlight > Privacy).

Disabilita l’ibernazione

L’ibernazione si rivela essere utile con i classici hard disk ma può tranquillamente essere disabilitata per gli SSD in quanto, grazie alle loro prestazioni, non serve praticamente a niente poiche’, per come viene eseguita, rappresenta solo un grosso carico di lavoro per le celle di memoria dell’SSD (visto che ogni volta bisogna scrivere l’intero contenuto della memoria RAM nell’unità a stato solido).
Per disabilitare quindi l’ibernazione in ambiente Windows basta aprire il prompt dei comandi e digitare:

powercfg.exe /hibernate off

Una volta premuto il tasto Invio, per rendere effettiva la modifica dovrai semplicemente riavviare il computer. Per quanto riguarda invece il sistema operativo Mac OS X la procedura da seguire è più o meno la stessa. Basta aprire infatti il terminale e digitare:

sudo pmset hibernatemode 0

Inoltre, una volta disabilitata, per liberare lo spazio occupato dall’ibernazione, potresti digitare anche il seguente comando:

sudo rm /var/vm/sleepimage

Elimina il file di paginazione

Oggigiorno i computer hanno (mediamente) molta memoria RAM (quelli di nuova generazione vanno dagli 8 ai 12 GB) ragion per cui l’utilizzo del file di paginazione (chiamato anche page/swap file) non porta alcun beneficio, anzi, in alcuni casi potrebbe essere addirittura svantaggioso.
Per eliminare quindi il file di paginazione nei sistemi operativi Windows basta andare nelle Impostazioni di sistema avanzate (raggiungibile digitando l’omonima voce facendo clic sul pulsante start oppure andando nel Pannello di controllo e selezionando prima Sistema e poi, dal menu in alto a sinistra, Impostazioni di sistema avanzate), selezionare la scheda Avanzate, cliccare Impostazioni nella sezione Prestazioni, poi selezionare di nuovo la scheda Avanzate, fare clic su Cambia, togliere la spunta a Gestisci automaticamente dimensioni file di paging per tutte le unità, selezionare Nessun file di paging e infine cliccare su Imposta (riavviando, appena possibile, il computer).
Per disabilitare il file di paging su Mac OS X basta invece aprire il terminale e digitare:

sudo launchct1 unload -w /System/Library/LaunchDaemons/com.apple.dynamic_pager.plist

Successivamente, tramite il seguente comando, potrai cancellare il file di paging:

sudo rm /private/var/vm/swapfile*

Se per caso in futuro vorrai attivare di nuovo il file di paging basterà lanciare invece il seguente comando:

sudo launchct1 load /System/Library/LaunchDaemons/com.apple.dynamic_pager.plist

Disattiva le tecniche di caching

Su Windows esistono delle particolari tecniche di caching che, se utilizzate su un sistema dotato di hard disk classico, permettono di migliorarne le prestazioni. Sugli SSD, invece, queste tecniche non fanno altro che provocare ripetute micro letture e scritture con il rischio di degradarne le già notevoli prestazioni.
In particolare, la prima di queste tecniche è il Prefetch che permette di monitorare i file più utilizzati durante l’avvio del sistema operativo (e delle applicazioni) salvandoli in una speciale cartella. La seconda tecnica, invece, è il Superfetch che consiste in un’area del disco dedicata ai programmi più utilizzati (in maniera tale da renderli subito disponibili nella memoria RAM).
Per disattivarle entrambe, basta andare quindi nel registro di sistema (digitando Regedit dopo aver fatto clic sul pulsante start) e recarsi nel seguente percorso:

HKEY_LOCAL_MACHINE\System\CurrentControlSet\Control\SessionManager\MemoryManagement\PrefetchParameters

Cliccando due volte prima su EnablePrefetcher e dopo su EnableSuperfetch, modifica il valore che trovi (che di solito è 1 oppure 3) in 0 e, dopo aver fatto clic su OK, riavvia il computer.

Disabilita la cache di scrittura su disco

Nei sistemi operativi Windows esiste una funzionalità che permette di lasciare momentaneamente i dati nella memoria RAM e che solo in un secondo momento, appena possibile, li scrive sul disco. Questa funzionalità si chiama cache di scrittura e, da una parte, permette di aumentare lievemente le prestazioni ma dall’altra aumenta anche il numero delle scritture (con conseguenze che a lungo andare potrebbero provocare dei problemi).
Per disabilitare questa caratteristica basta andare quindi in Gestione dispositivi (cliccando sul pulsante start e scrivendo proprio gestione dispositivi), selezionare Unità disco e cliccare due volte sul nome dell’SSD. A questo punto basta spostarsi nella scheda Criteri, togliere la spunta ad Attiva cache in scrittura sul dispositivo e cliccare su OK (se tuttavia doveste notare un elevato decadimento delle prestazioni allora dovrai riattivare tale funzionalità).

 

Disabilita il ripristino configurazione di sistema

Il ripristino configurazione di sistema è un’altra delle funzionalità che andrebbero disabilitate nei sistemi operativi Windows. Questo perché tale caratteristica occupa prezioso spazio ma anche perché le numerose scritture effettuate sono una continua fonte di stress per un SSD.
Per disabilitare quindi il ripristino configurazione di sistema basta andare nel Pannello di controllo, cliccare su Sistema e, dal menu sulla sinistra, selezionare Protezione sistema. A questo punto clicca su Configura e seleziona Disattiva protezione sistema. Una volta disattivata, potresti anche eliminare tutti i punti di ripristino (che possono occupare parecchie decine di gigabyte) cliccando semplicemente sul pulsante Elimina.

Attiva il comando TRIM

Il comando TRIM, che funziona attraverso la modalità AHCI, permette di indicare all’SSD quali sono le aree della memoria che è possibile cancellare. Sui sistemi operativi recenti (da Windows 7, Mac OS X 10.6.8 e Linux 2.6.33 in poi), non sempre risulta abilitato come impostazione predefinita (neanche se nel sistema è già installato un SSD).
Per verificare quindi che il comando TRIM sui sistemi operativi Windows sia già attivo basta aprire il prompt dei comandi con privilegi amministrativi (cliccando sul pulsante start, scrivendo cmd e cliccando l’icona del terminale premendo contemporaneamente i tasti CTRL e maiuscolo) e, successivamente, lanciare il seguente comando:

fsutil behavior query disabledeletenotify

Se il risultato di questa espressione è uguale a 0 significa che il comando TRIM è attivato (altrimenti, se è uguale ad 1, significa che risulta disabilitato).
Se purtroppo il comando TRIM risulta disabilitato allora dovrai procedere ad abilitarlo manualmente. Per poterlo attivare devi quindi prima scaricare ed installare questa patch e successivamente entrare nel BIOS ed attivare la modalità AHCI mediante una voce simile a SATA Configuration e, dal menu che compare premendo Invio, cliccando su Configure SATA selezionando la voce AHCI (per sapere se e come sia possibile fare un’operazione del genere, ti consiglio comunque di consultare il manuale della tua scheda madre).
Per verificare che il comando TRIM sia attivo sui sistemi operativi Mac OS X basta andare nel menu Apple, selezionare Informazioni su questo Mac e cliccare su Più informazioni. A questo punto dal menu Hardware seleziona la voce ATA seriale e controlla che a fianco la voce Supporto TRIM ci sia scritto . Nel qual caso ci fosse scritto No, per attivarlo dovrai scaricare il programma Trim Enabler e cliccare su On.
Per quanto riguarda Linux (in particolare Ubuntu, Linux Mint ed elementary OS) segui questa procedura:

Prima di abilitare il TRIM assicurarsi che:

  • Si utilizzi un kernel Linux 2.6.33 o successivo. Per conoscere il kernel in uso sul sistema, digitare in un terminale il comando :

    uname -a

  • Si possegga un disco che supporti il TRIM. In un terminale digitare il comando:

    sudo fdisk -l

    per ottenere la lista delle partizioni e dei dischi presenti sul pc, questi ultimi avranno un nome del tipo sdx (ad esempio: sda, sdb, sdc..)

    Per assicurarsi che il proprio SSD supporti il TRIM, digitare il comando:

    sudo hdparm -I /dev/sdx | grep "TRIM supported"

    sostituendo «sdx» con il nome del disco.

    L’output restituito sarà simile al seguente:

    Data Set Management TRIM supported (limit 8 blocks)

    se il TRIM non è supportato, non verrà restituito alcun output.

  • Che le partizioni di Ubuntu siano nel filesystem EXT4 (o BRTFS), digitare in un terminale:

    cat /etc/mtab | grep ext4

    l’output sarà simile al seguente:

    /dev/sda1 / ext4 rw,errors=remount-ro 0 0

    se non vi sono partizioni formattate in EXT4, non verrà restituito alcun output.

N.B.Poiché sono in pochi ad utilizzare il filesystem BRTFS, la guida verterà sull’abilitazione del TRIM su EXT4.

Abilitazione del TRIM

Una volta verificato che siano soddisfatti i requisiti visti nel precedente paragrafo, è possibile passare all’abilitazione del TRIM.

Abilitazione del TRIM attraverso fstab

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi (sudo) il file /etc/fstab ed aggiungere le opzioni «discard» e «noatime» come nell’esempio successivo:

    <file system> <mount point>   <type>  <options>       <dump>  <pass>
    # / was on /dev/sdb1 during installation
    UUID=1cd2fc4f-7d99-4c7a-8ea7-6f9a2d5e5960 /               ext4    discard,noatime,errors=remount-ro 0       1

  2. Salvare le modifiche e riavviare il sistema.

In alternativa a questo metodo per l’abilitazione del TRIM è possibile seguire le istruzioni del successivo paragrafo.

Pianificazione di un’operazione giornaliera di cron

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file /etc/cron.daily/trim ed incollarvi all’interno le seguenti righe:

    #!/bin/sh
    LOG=/var/log/trim.log
    echo "*** $(date -R) ***" >> $LOG
    fstrim -v / >> $LOG
    fstrim -v /home >> $LOG

    Le ultime due righe abilitano il TRIM per la partizione root (/) e la partizione /home.

    Omettere l’ultima riga se non si ha una partizione /home separata.

    Se si hanno altre partizioni occorre aggiungere altre righe secondo la sintassi:

    fstrim -v /nome_partizione>> $LOG

  2. Prima di salvare le modifiche al file, testare se il comando fstrim funziona digitando in un terminale:

    sudo fstrim -v /

    l’output dovrebbe essere simile a questo:

    /: 8158715904 bytes were trimmed

  3. Salvare a questo punto le modifiche e rendere lo script eseguibile con il comando:

    sudo chmod +x /etc/cron.daily/trim

Partizioni criptate

Se si stanno utilizzando partizioni criptate occorrono uteriori passaggi affinché il tutto funzioni.

  1. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file /etc/default/grub.

  2. Modificare la riga:

    GRUB_CMDLINE_LINUX=""

    in

    GRUB_CMDLINE_LINUX="allow-discards root_trim=yes"

  3. Salvare il file ed aggiornare Grub con il comando:

    sudo update-grub

  4. Aprire con un editor di testo ed i privilegi amministrativi il file  /etc/crypttab ed aggiungere l’opzione «discard» come nell’esempio succesivo:

    #<target name>    <source device>            <key file>  <options>
    var  UUID=01234567-89ab-cdef-0123-456789abcdef  none  luks,discard

  5. Salvare le modifiche e dare infine il comando:

    sudo update-initramfs -u -k all

 

Aggiorna il firmware

Il firmware è il principale responsabile delle prestazioni di un SSD (questo perché al loro interno gli SSD hanno praticamente solo delle componenti elettroniche) ragion per cui è necessario aggiornarlo sempre all’ultima versione disponibile (in maniera tale da risolvere eventuali problemi ma, soprattutto, per migliorarne le prestazioni).
Nella maggior parte dei casi, per aggiornare il firmware è sufficiente installare il software che di solito rilascia il produttore dell’SSD stesso. Ecco un piccolo elenco per i software dei principali produttori:

Una volta installato uno di questi programmi, ti basterà semplicemente avviarlo per poter controllare (ed eventualmente installare) il nuovo firmware.

Disabilita il risparmio energetico

Il risparmio energetico e’ quell’opzione del sistema che permette di togliere l’alimentazione al disco in maniera tale da diminuire i consumi quando questo non viene utilizzato. Siccome, però, un SSD consuma molto poco quando si trova in standby (in genere meno di un watt all’ora) si può benissimo pensare di disattivare questa funzione.
Per fare coi’ sui sistemi operativi Windows basta andare nel Pannello di controllo, selezionare Opzioni risparmio energia, cliccare la voce presente a fianco della combinazione in uso (simile a Modifica impostazioni combinazione), cliccare poi su Cambia impostazioni avanzate risparmio energia e, una volta individuata la sezione Disco rigido, impostare il valore a 0 (che equivale a dire di non spegnere mai il dispositivo).
Per quanto riguarda invece Mac OS X basta andare nelle Preferenze di sistema, poi in Risparmio Energia e togliere la spunta a Metti in stop il disco rigido quando è possibile.

Un’altro consiglio da seguire è quello di disattivare uno speciale servizio che, attraverso un sensore, permette di spegnere il disco in caso di cadute o urti accidentali. Sebbene possa essere utile per un classico hard disk (soprattutto nei computer portatili), per un SSD questo meccanismo risulta dannoso in quanto spegne e blocca di colpo il disco quando non necessario.
Per disattivare quindi questa funzione in ambiente Windows basta digitare msconfig dopo aver cliccato sul pulsante start, andare nella sezione Avvio, togliere la spunta ad FF_Protection_Application e infine cliccare su Applica e poi su OK (riavviando, appena possibile, il computer).
Per quanto riguarda i sistemi operativi Mac OS X, bisogna seguire una procedura un po’ più complicata. Apri quindi il terminale e, per determinare se il sensore è attivo o meno, scrivi:

sudo pmset -g

Una volta inserita la password dell’amministratore, se ottieni il valore 0 significa che il servizio è disattivato altrimenti, se ottieni 1, significa che il servizio è invece attivo. Per disattivarlo ti basterà dunque scrivere:

sudo pmset -a sms 0

A questo punto controlla tramite il primo comando (sudo pmset -g) e verifica se il servizio è stato correttamente disattivato. Casomai volessi riattivarlo dovrai scrivere:

sudo pmset -a sms 1

Conclusioni

Una volta messi in pratica questi consigli dovreste notare un aumento delle prestazioni del vostro SSD (o quantomeno dovreste avergli allungato la vita). Se comunque volete verificare lo stato di salute dell’ SSD potreste leggere i parametri S.M.A.R.T. oppure verificarne le prestazioni attraverso dei semplici programmi gratuiti come CrystalDiskInfo se utilizzi un sistema operativo Windows, Smart Utility (in versione trial) se utilizzi un sistema operativo Mac OS X e attraverso il package Smartmontools se utilizzi invece un sistema operativo Linux. Inoltre, se usi un sistema operativo Windows, potresti scaricare un ottimo programma gratuito come SSD Fresh che ti permetterà di avere accesso direttamente alle varie impostazioni consigliate in questo articolo in maniera tale da migliorare le prestazioni di un SSD con pochi e semplici clic.

 

#SSDottimizziamoilnostrodisco

Ready NAS 716

Netgear ReadyNAS 716

Netgear ReadyNAS 716

Netgear Ready NAS 716

Il nuovo prodotto della Netgear e’ un’unita’ desktop sicuramente ultra veloce ma decisamente cara, vediamo il perche’.

Presentato dalla Netgear come il NAS Desktop piu’ veloce del mondo. Il ReadyNAS 716 ha sei alloggiamenti (ed e’ possibile espanderlo ben oltre i 28 TB) ed un processorre quad core Intel-Ivy Bridge Xeon E3 e ben 16 GB di RAM ECC, ma non e’ tutto, potrete contare anche su una coppia di porte Gigabit e due interfacce 10GbE.

Tutto cio rende questo prodotto la migliore soluzione di storage, infatti il ReadyNAS 716 combina un’innovazione leader del settore a una semplicità d’uso senza precedenti in una soluzione di storage di fascia alta con caratteristiche quali :

  • Snapshot illimitate.
  • Thin provisioning.
  • Replica gestita dal cloud.
  • Crittografia e antivirus in tempo reale.

In breve, ReadyNAS offre maggiori possibilità di gestione dei dati aziendali rispetto alle soluzioni di storage tradizionali.

Specifiche di utilizzo

5 livelli di protezione

  • Protezione RAID automatica contro guasti disco
  • Ripristino di snapshot in un qualsiasi punto nel tempo
  • Real-time anti-virus per la protezione da virus e malware
  • Protezione Bit rot contro il degrado di media
  • Backup all’interno del cloud per proteggere i tuoi dati critici

 

Replica dati Off-site

ReadyNAS Replicate è una soluzione per il Disaster Recovery potente e semplice da usare, progettata per soddisfare le esigenze di qualsiasi tipo di azienda, sia se si vogliono spostare i propri dati da un data center all’altro o tra una filiale e la sede centrale.

 

Cloud Storage per l’ufficio

Oggi giorno poter accedere ai propri dati in qualsiasi momento, ovunque ci si trovi e da tutti i dispositivi mobili è la necessità più diffusa tra le aziende. Il cloud pubblico, però, non sempre riesce a garantire la privacy e la sicurezza dei dati archiviati. La piattaforma ReadyCLOUD di Netgear, invece, permette di creare un cloud privato in pochi click e a costo zero.

Il firmware utilizzato e’ un  ReadyOS che si caratterizza in questo modello per ilpassaggio dal EXT4 al BTRFS.

L’interfaccia di gestione Web, che sicuramente e’ forse un po’ datata nello stile ma sicuramente piacevole da usare e facile da imparare, dotata di strumenti molto semplici che permettono, ad esempio, di gestire i volumi e di collegare tra di loro gli adattatori di rete, con inoltre, una buona fornitura di strumenti/tool per il monitoraggio di ogni singola funzionalita’.

Unico neo, prezzo a parte, e’ rappresentato dal piccolo gancetto presente su ciascun alloggiamento disco, che ne impedisce la rimozione accidentale ma che comunque rimane privo di veri e propri blocchi fisici di protezione, compreso l’accesso dallo sportello frontale.

Con il ReadyNas 716 e’ possibile raggiungere la velocita’ di 480 MB al secondo in lettura e di 420 MB in scrittura.

 

GIUDIZIO

Nome prodotto : ReadyNas 716
Produttore : Netgear (www.netgear.it)
Prezzo : 3.000 circa (senza dischi)

Funzioni          voto 10
Prestazioni       voto 10
Facilita’ d’uso   voto 8
Qualita’/Prezzo voto 7

Giudizio finale  voto 9

E’ il NAS Desktop attualmente piu’ veloce sul mercato, ma il suo alto prezzo lo colloca nella fscia dei server e dei dispositivi di archiviazione montati sui rack.

 
#DesktopNASpiuvelocedelmondo

DJ in mobilita’ con Openmix

Openmix DJ ovunque

Openmix DJ ovunque

La musica e’ da sempre una vera passione e poter ascoltare la propria musica ovunque e’ ormai una cosa alla portata di tutti grazie a software come Spotify e Deezer ecc… ;  ma se volessimo ascoltare piu’ canzoni insieme, prese dalle Playlist di altri amici e presenti sui loro Smartphone, magari per trasformare una festa privata in un party di successo…!!!

Bene ora in aiuto di ogni dj in erba e’ arrivato OPENMIX , un piccolo e pratico accessorio che permette di mixare i brani provenienti da due smartphone, tablet, pc, lettori MP3 o qualsiasi altro dispositivo in grado di riprodurre musica digitale.

Infatti Openmix e’ dotato di due spinotti laterali con cui collegare i dispositivi da cui estrarre le tracce musicali e, nella parte bassa sono disponibili ben due ingressi, uno in uscita, per poter collegare Openmix agli altoparlanti e l’altro per un terzo dispositivo con cui aggiungere effetti musicali per arricchire ancora di più la vostra esperienza.

Al seguente URL e’ possibile vedere un video di presentazione VIDEO

L’ingombro e’ assolutamente nullo, tanto che lo potete appendere al vostro porta chiavi od allo zaino ed il costo e’ davvero ottimo 30,85 € .

 

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