OpenStack – Introduzione

OpenStack Cloud Software

OPENSTACK – PARTE PRIMA

Si parla molto di OpenStack e delle sue applicazioni. Ma che cos’è davvero, perché è stato sviluppato e quali sono i suoi vantaggi?

Che cos’è?
OpenStack è un sistema operativo per il cloud computing in grado di controllare componenti di storage, networking e computing. È open source e gratuito, di solito è installato sotto forma di soluzione IaaS. OpenStack fornisce un insieme di strumenti che servono a costruire e gestire piattaforme cloud sia pubbliche sia private. Permette agli utenti di installare macchine virtuali e si può accedere al codice sorgente per modificarlo in qualsiasi modo sia utile per gli scopi specifici del progetto.

Chi lo ha sviluppato?
Nel 2010 Rackspace e la NASA hanno collaborato a un progetto congiunto che è poi diventato OpenStack. Il codice iniziale è stato usato per Nebula, la piattaforma cloud della NASA, poi il progetto si è dato l’obiettivo più ampio di aiutare le aziende a far girare software cloud su hardware standard.

Chi lo usa?
Tra i vendor, alcuni dei nomi più importanti che attualmente supportano e distribuiscono OpenStack sono Canonical, Cisco, EMC, HP, Huawei, IBM, Oracle, Google e Red Hat. Tra gli utenti attuali ci sono Bloomberg, Comcast, PayPal e Wells Fargo. Ci sono incontri internazionali periodici su OpenStack – gli OpenStack Summit – in tutto il mondo, che raccolgono programmatori e utenti della piattaforma.

E’ quindi ormai innegabile l’interesse che tutto il mondo IT ha riservato in questi ultimi anni ad OpenStack.

Qual’è la ragione di tutto questo?

L’ormai tradizionale paradigma client-server, in progetti in cui la scalabilità e le finestre di picchi di carico sono variabili essenziali all’interno dell’equazione della produttività, presenta oggi giorno evidenti limiti di gestione dei carichi e della velocita’ di evoluzione dei progetti. Ecco quindi nascere l’esigenza di uno strumento che fosse flessibile ed allo stesso momento affidabile.

Questo concetto spiega quindi le motivazioni che possono spingere ad adottare una piattaforma cloud, ma perché fra tutte le piattaforme esistenti si parla sempre di OpenStack?

OpenStack è un progetto aperto
La sua natura aperta ha fatto sì che tutti i vendor interessati all’introduzione di specifiche funzionalità o determinati ambiti potessero contribuire in maniera attiva e funzionale al progetto, innescando un circolo virtuoso in cui ogni miglioramento apportato per favorire se stessi va a beneficio della comunità.

La sua natura aperta fa sì che chi adotta OpenStack per il proprio ambiente cloud è di fatto esente dal cosiddetto vendor lock-in, ossia l’essere vincolato ad un rivenditore specifico per le proprie tecnologie. Infatti se lo standard OpenStack è garantito, ogni venditore potrà essere valutato in modo paritetico a tutti gli altri, rendendo così il mercato più competitivo e conveniente per il cliente finale.

I presupposti di un progetto OpenStack

Bisogna subito tenere presente che “non tutti i progetti sono adatti al cloud“, nonostante cio che viene erroneamente interpretato leggendo in giro per il web, infatti questo principio sfugge a molti che guardano verso le nuvole vedono unicamente un posto differente da cui erogare i propri servizi. Esistono dei requisiti da tenere presente per capire se un progetto è adatto al cloud.

Un progetto OpenStack quindi deve essere:

** Non persistente: non deve basarsi sulla persistenza dei dati all’interno delle macchine coinvolte. Questo aspetto non va confuso con l’esigenza di avere uno storage solido e sicuro, si tratta invece di non giudicare le istanze che concorrono al progetto come perenni, ma come componenti utili al loro scopo e liberamente sacrificabili;

** Scalabile: deve supportare applicazioni che nativamente siano in grado di scalare. L’applicazione nasce già dallo sviluppo come pensata per il cloud;

** Dinamico: a fronte di un innalzamento delle richieste ricevute il progetto deve essere in grado in maniera autonoma di gestire le nuove componenti. Gli interventi manuali successivi all’implementazione sulle istanze coinvolte devono essere inesistenti;

** Rapido: deve essere passibile di provisioning, favorendo la velocità di creazione (e distruzione) di nuove istanze;

Se il vostro progetto risponde a questi requisiti messi in evidenza qui sopra, allora potete pensare ad integrare OpenStack ed è giunto quindi il momento di capire in cosa consiste.

Le componenti di OpenStack

La parola stack descrive un insieme di entità che concorrono ad uno scopo comune. OpenStack è composto da numerose elementi che devono comunicare fra loro, lo strato di comunicazione passa attraverso due filoni fondamentali: la memorizzazione delle informazioni e la coda delle azioni da svolgere. Queste due azioni sono coperte ciascuna da un elemento specifico:

MySQL

Il database MySQL è necessario per la memorizzazione delle informazioni di configurazione generali del sistema, per la memorizzazione delle informazioni di autenticazione relative a ciascun componente e per il mantenimento dinamico dello stato del sistema.
Ogni azione eseguita all’interno dell’infrastruttura OpenStack è tracciata all’interno del database. L’importanza di questa componente è evidentemente capitale.

RabbitMQ

RabbitMQ è uno scheduler, un software didicato alla gestione delle code ed all’organizzazione delle sequenze di operazioni. Tutti i nodi facenti parte dell’infrastruttura OpenStack comunicano con lo scheduler, ed anche in questo caso è presto spiegato come questa componente ricopra enorme importanza per il regolare funzionamento dell’ambiente.

Determinato quindi il sistema di circolazione e reperimento delle informazioni si può focalizzare l’attenzione sugli elementi peculiari di OpenStack, riassunti in questo diagramma che si trova sul sito ufficiale del progetto:

OpenStack Diagramma Software

                                                     OpenStack Diagramma Software

Keystone

Keystone è il software che gestisce il sistema di autenticazione di OpenStack. Il principio su cui si fonda è quello classico degli utenti e dei gruppi, ma di fatto si occupa di gestire le tre tipologie di utenti configurabili in OpenStack:

  • Cloud Provider Admins: ossia gli amministratori del sistema OpenStack;
  • Tenants: ossia i profili delle compagnie fruitrici dei servizi;
  • Users: ossia gli utenti delle compagnie fruitrici dei servizi;

Il concetto di “compagnia” si riferisce ad un sotto-ambiente interno alla stessa installazione di OpenStack. Applicato ad un provider esso potrebbe essere rappresentato dai clienti, mentre all’interno di un cloud privato potrebbe essere associato ad un dipartimento interno.

Glance

Glance si occupa del provisioning (ossia di fornire) delle immagini all’interno dell’ambiente. Questa componente fornisce un bacino di istanze gia preconfigurate, disponibili ai fruitori dei servizi, per effettuare il deploy (ossia la messa in produzione) dell’istanza desiderata all’interno del proprio ambiente.
Le immagini sono supportate nei formati KVM qcow, Aws, VMWare purché esista su queste un Master Boot Record.

Nova

Nova è il compute service, un servizio che permette di gestire i sistemi virtuali erogati all’interno dell’ambiente. All’interno della macchina definita controller il servizio nova-api guiderà l’avvio e la terminazione delle istanze comandando la sua controparte nova-compute, attiva su tutte le macchine hypervisor facenti parte della struttura OpenStack.
Le decisioni su dove e come le istanze dovranno essere avviata saranno gestite dal servizio nova-compute-service (basato su libvirt).

Horizon

Horizon è l’interfaccia web dalla quale è possibile controllare agevolmente le istanze in modalità point-and-click oltre che le immagini gestite da Glance. Il software Horizon è basato sul modulo wsgi del webserver Apache.

C’è ancora un’ultimo aspetto da tenere presente, come è deducibile dallo schema, lo storage.
In un setup base le macchine possono essere erogate direttamente dai dischi degli hypervisor, ma in ambienti di larga scala ciò potrebbe non essere auspicabile. In questi casi fare riferimento ad un gestore dello spazio centralizzato permetterebbe di utilizzare gli hypervisor come semplici erogatori, valorizzando la scalabilità generale del progetto, ed ecco dunque venirci in aiuto questo componente per la gestione dei volumi, Cinder.

Cinder

In origine parte del progetto Nova (chiamato nova-volume) e dal 2012 progetto a se stante, Cinder è il servizio che fornisce il block storage per le istanze, uno storage gestito e centralizzato che funziona da dispositivo a blocchi per le virtual machines. Le macchine virtuali risiedono quindi su un device dedicato, definito sulla base di quello che è la modalità con cui l’hypervisor ha accesso allo storage.
Cinder supporta diverse modalità per essere visto dagli hypervisors: è possibile infatti utilizzare dischi locali o sistemi storage esterni, quali NFS, FibreChannel, DRBD o iSCSI.

Swift

A differenza di Cinder, Swift è un servizio di storage online che si occupa di rendere disponibile spazio all’interno dell’ambiente OpenStack mediante la modalità object storage. I dati non vengono registrati direttamente su dispositivi a blocchi, ma preventivamente convertiti in oggetti binari, distribuiti all’interno di più device in modo da garantirne la massima accessibilità oltre che la replica.
Swift è compatibile con il servizio di storage Amazon S3 e funziona con lo stesso principio: fornire uno storage web accessibile e scalabile.

Conclusioni

In questa lunga introduzione sono stati illustrati filosofia, componenti e soprattutto potenzialità di OpenStack, ma sebbene la lettura possa essere apparsa lunga, questa tocca appena la superficie dell’universo relativo a questo grande progetto.
Nel prossimo articolo verrà avviato un piccolo studio di fattibilità vero e proprio con lo scopo di mettere su strada tutti i vari software che lo compongono ed iniziare cosi ad adoperare OpenStack.

Couchbase = CouchDB + Membase

Couchbase NoSQL

Couchbase NoSQL

Scopriamo perche’ grandi aziende come Ebay,PayPal, LinkedIn, Viber hanno scelto Couchbase.
Stupiscono le sue incredibili performance e di quanto sia piu’ veloce di MongoDB e Cassandra .

Innanzitutto
Il mondo informatico e’ come non mai in continuo fermento ed evoluzione, questi continui cambiamenti a volte sono difficili da seguire ma, spesso portano novita’ interessanti come Couchbase NoSQL. Ma di cosa si tratta ??
Nel variegato mondo dei database NoSQL da qualche tempo c’è una novità: CouchDB e Membase, insieme alle relative società, si sono unite, dando luogo a un unico prodotto e una sola azienda, entrambi chiamati Couchbase.

#Couchbase = CouchDB + Membase
Quest’ultimo unisce le caratteristiche salienti dei predecessori da cui trae origine, ereditando lo storage ad oggetti su disco di CouchDB e le capacità di caching in memoria di Membase.
Interessante e’ anche la possibilità di utilizzare la stessa tecnologia anche su piattaforme mobili, ottenendo con il minimo sforzo la sincronizzazione dei dati fra il dispositivo mobile e il data center grazie alla tecnologia di sincronizzazione dei dati tipica di CouchDB.

In questo primo articolo vedremo i passi necessari per l’installazione di CouchBase su piattaforma Linux-Ubuntu .

PS: l’installazione di un sistema di questo tipi non e’ per PC casalignhi infatti le richieste minime sono nell’ordine di:
Minimum number of processors required : 4 cores
Minimum RAM required  : 4 GB

Innanzitutto, occorre scaricare la versione piu’ appropriata al vostro sistema operativo, a questo link. Io ho scelto la “couchbase-server-enterprise_3.0.2-ubuntu12.04_amd64.deb”
Quindi lanciare il seguente comando :

# sudo dpkg -i couchbase-server-enterprise_3.0.2-ubuntu12.04_amd64.deb

ed al termine dell’installazione, verificare che tutto e’ andato correttamente, digitando nel browser, questo link

http://127.0.0.1:8091/

e seguite la procedura di Setup……, una volta ultimata il primo login come Amministratori sara’ automatico e vi ritroverete direttamente all’interno della console di gestione del DB. Complimenti  il primo step e’ stato ultimato con successo.

Se durante l’installazione non avete cambiato nulla avrete notato che i file di gestione/configurazione del DB sono stati salvati in /opt/couchbase/………/ – Per fare lo shutdown e lo startup, digitare questi comandi

# sudo /etc/init.d/couchbase-server start
# sudo /etc/init.d/couchbase-server stop

Per ogni ulteriore dettaglio nella configurazione per ora vi rimando alla documentazione ufficiale che potete trovare a questo LINK .

Per il momento e’ tutto, spero che queste poche righe abbiano destato l’interesse verso una soluzione DB ad alte prestazioni interessante qual’e’ CouchBase.
Bis Bald, a presto!

TransferWise – scacco alle Banche

money_transferRicordo ancora quando, pochi mesi fa, il “Top Manager” Flavio Briatore, durante un incontro con i giovani Bocconiani, aveva loro suggerito di aprire una pizzeria invece di imbarcarsi nel progetto di una start-up. Per fortuna il “verbo” secondo Briatore non dev’essere arrivato fino in Estonia che, ad oggi, invece, vanta il piu’ alto numero di start-up in divenire, considerando il suo esiguo numero di abitanti (1.300.000 circa). Questo perche’ dopo la crisi del 2008, hanno investito sulla diffusione della “banda larga”.

Infatti in Estonia non esiste il problema della diffusione della banda larga, perché semplicemente c’è solo quella e raggiunge chiunque. Su di una cosa aveva ragione Briatore quando ha detto che l’Italia è 7 punti sotto la media europea per diffusione della banda larga.

E’ proprio in questo humus d’innovazione che nascono anche nuove idee quali quella venuta in mente ai ragazzi (ex skype ed ex paypal) quando loro stessi si sono trovati con la necessita’ di poter spostare soldi con una certa facilita’ ma anche senza dover pagare i gravosi dazi che impongono le banche.

TransferWise

Ma di cosa si tratta? TranserWise e’ un servizio peer-to-peer per il trasferimento di denaro nato nel gennaio del 2011, con sede a Londra, che “aggira” le commissioni bancarie sul cambio valuta, ossia, se voglio trasferire 1000 euro su un conto in Gran Bretagna in sterline, le banche applicano una commissione pari al 5% (a volte fino al 10%): circa 50 euro finiscono cosi’ nelle tasche della banca. Se faccio quest’operazione mensilmente, in un anno sono 600 euro che la banca si mette in tasca, mica bruscolini.

Con TranferWise, invece, la commissione che si applica al trasferimento di denaro è di 1 euro (per importi fino a 200 euro) e 0,5% (per importi superiori). Non c’è che dire, un bel risparmio. La procedura che si esegue per effettuare un bonifico estero tramite TransferWise è molto semplice, in quanto ogni transazione non verrà effettuata direttamente tra i due conti utenti, ma con l’intermediazione di TranferWise.
  • L’utente A italiano che vuole mandare 1000 euro in Inghilterra (ad esempio), dovrà prima effettuare un bonifico nazionale e depositare l’importo sul conto bancario Transferwise. Il servizio convertirà la somma depositata in sterline e, tramite il conto TranferWise inglese, verrà fatto il bonifico sul conto dell’utente B, applicando una commissione dello 0,5%.

Questa ottima idea ha tra gli investitori anche Sir Richard Branson , patron della Virgin, e altri importanti nomi come quello di Peter Thiel  (PayPal), 25 milioni di dollari di munizioni per battere le banche, che hanno gia investito 25 milioni di dollari.

Insomma, che le banche inizino a tremare  😉