Google Titan Security Key

Google Titan Security Key

SICUREZZA SICUREZZA SICUREZZA…….

La parola piu’ utilizzata e letta su ogni articolo, anche non a carattere tecnico, che si intenda la sicurezza nelle citta’, oppure quella sui social media, ma ancor di piu’ il peso di questa parola lo si nota attorno a tutto cio che gravita’ sui nostri device, sia quelli personali, sia quelli che utilizziamo quotidianamente in ufficio.

Questo perche’ oggi la SICUREZZA colpisce/interessa tutti in ogni istante della nostra vita. Ogni giorno usiamo , centinaia di volte al giorno, device tecnologici di ogni tipo (SmartTV, SmartPhone, IoT, Router, AccessPoint….) e per ognuno di questi, teoricamente, dovremmo poter essere in grado di sapere cosa e come fare per proteggere i nostri dati e la nostra identita’ tecnologica, che sempre di piu’ rappresentera’ noi stessi, chi siamo, cosa facciamo, come lo facciamo…….

Ma nella realta’ chi di noi ha veramente le conoscenze ed il desiderio di doversi occupare quotidianamente della propria sicurezza; la maggior parte di noi stenta a ricordarsi di cambiare la password dell’account di posta oppure dell’utenza per l’home banking etc……, tutto questo perche’ preferiamo pensare che non saremo certo noi a diventare vittime di un qualsiasi hacker che sicuramente ha altri interessi piu’ importanti. Purtroppo non e’ cosi, oggi giorno siamo tutti collegati e la singola persona, il dipendente “qualunque”, potrebbe essere l’anello debole della catena che permette all’hacker di entrare nell’infrastruttura che vuole colpire e da li, piano piano scalare fino ad avere cio che gli serve…..

Il discorso e’ troppo lungo, ed e’ gia stato trattato in altri articoli, nella sezione (manco a dirlo) 😉 “sicurezza” di questo blog ed altri arriveranno. Fatto sta che per poter aumentare (garantire e’ una parola che non esiste, nulla e’ sicuro al 100%) il nostro livello di sicurezza possiamo per lo meno attivare, li dove ci e’ possibile, quelle funzioni denominate accesso a due fattori, sui nostri account di posta, sul nostro profilo FB …etc….

L’accesso a due fattori (2FA) esiste gia da un po’ di tempo ed è considerato uno dei metodi più sicuri per proteggere i propri dati online da eventuali malintenzionati. Tuttavia, neanche questo sistema può considerarsi impenetrabile ed anch’esso si evolve, da una prima modalita’ tramite invio di codice SMS, sino alla sua versione migliore tramite l’uso di Security Key, tra le piu’ usate ad esempio la Yubico

Anche questa tecnologia deve comunque tenersi sempre aggiornata, ed e’ notizia di questi ultimi giorni che anche Big G ha creato una Security Key dal nome “Titan Security Key“, in pratica e’ stata annunciata come una chiavetta per autenticarsi con la massima sicurezza ed a prova di phishing (ad oggi una delle vulnerabilita’ peggiori sul web).

In soldoni, la Titan Security Key, che inizialmente era disponibile solo per i clienti Cloud americani, oggi e’ in vendita sul Google Store per chiunque la volesse acquistare.
E’ un dispositivo di sicurezza utilizzato per gli account che sfruttano il doppio fattore di autenticazione, che permette di autenticare gli accessi tramite Bluetooth o USB.

Il dispositivo funziona con i browser più diffusi (incluso chiaramente Chrome) e può essere sfruttato all’interno di un crescente ecosistema di servizi che supportano lo standard FIDO, uno standard di autenticazione compatibile con numerose app e browser (gli account Google supportano le chiavi di sicurezza e altri accessi FIDO gia dal 2014), di conseguenza, il dispositivo può essere utilizzato anche per accedere a servizi diversi da Google (Facebook, Twitter, Dropbox, Gmail….. e molti altri ), anche se questi potrebbero non essere in grado, in questo momento, di usufruire appieno del firmware speciale sviluppato da Google ed inserito nelle Titan Security Key.

Come accennato prima, esistono due versioni della Titan Security Key di Google: una è USB mentre l’altra e’ dotata di connettività Bluetooth.
In entrambi i casi la chiavetta andra’ accoppiata con i propri account seguendo le indicazioni fornite da Google all’interno della confezione.

La versione USB, dunque la chiavetta fisica in se, è di piccole dimensioni, mentre la seconda versione, altrettanto piccola, essendo basata su tecnologia Bluetooth, a differenza della precedente non richiede l’inserimento fisico nel dispositivo (PC/Mac), ma è sufficiente la pressione del pulsante, presente su una delle facce, ed un accoppiamento via/Bluetooth per poter inviare i token di accesso/login nel momento desiderato.
La funzionalità del Token di sicurezza è la medesima della versione USB e, nella confezione è fornito un cavetto USB utile per la configurazione iniziale.

Ad oggi, dalle stime di Google soltanto il 10% degli account Google hanno attivato il sistema di autenticazione a due fattori sui relativi device. Una percentuale davvero bassa e sicuramente molte persone non gradiranno dover pagare un’oggetto per aumentare la loro sicurezza, poiche’ ci si aspetta che essa debba essere garantita e gratuita.

Molti ancora non vorranno doversi portare (seppur davvero piccolo e leggero) dietro l’ennesimo device/oggetto; ma al momento e’ un piccolo prezzo da pagare nella fase di adeguamento che subira’ Internet come lo conosciamo oggi, poiche’ quando nacque alla fine degli anni 60 (parlando di ARPANET) i protocolli creati all’inizio e che ancora sostengono il core dell’infrastruttura che chiamiamo Internet non erano pensati per i livelli di sicurezza richiesti oggi.

Concludo aggiungendo che per coloro che usano molti dei servizi offerti da Google per il proprio lavoro professionale, i token di sicurezza Titan sono compatibili con il Programma di protezione avanzata, il più potente strumento per la sicurezza offerto da Google per preservare gli Account Google (come giornalisti, attivisti, dirigenti aziendali e team di campagne elettorali) dal rischio di attacchi mirati.

PENETRATION TEST

Penetration Test

Penetration Test

 

Oggi giorno tutto e’ e sara’ sempre piu’ connesso o interconnesso in rete, dalle nostre vite sociali, ai dati aziendali fino all’ultima frontiera rappresentata dall’Internet delle Cose IoT, che è un neologismo riferito all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti.

Tutto questo scambio continuo di dati (foto, login, codici…) richiede che le aziende incaricate di mantenere al sicuro i nostri dati piu’ importanti debbano essere sempre preparati dal pericolo sempre maggiore di un’intrusione, in effetti il comportamento non sarebbe diverso da una squadra di vigili del fuoco che si allenano costantemente simulando ogni tipologia di situazione cosi da sapere sempre cosa fare, come risolvere e se possibile come prevenire un disastro.

Una delle metodologie a cui dovrebbero affidarsi i team di sicurezza interni, o tramite specifiche consulenze, sono i cosidetti PENETRATION TEST.
Che cosa s’intende quando si usa questo termine? Il penetration test è la metodologia di valutazione della sicurezza di un sistema o di una rete. L’analisi comprende più fasi ed ha come obiettivo evidenziare le debolezze della piattaforma fornendo il maggior numero di informazioni sulle vulnerabilità che ne hanno permesso l’accesso non autorizzato. L’analisi è condotta dal punto di vista di un potenziale attaccante e consiste nello sfruttamento delle vulnerabilità rilevate al fine di ottenere più informazioni possibili per accedere in modo fraudolento al sistema. Un pen-test dunque consiste nel testare la sicurezza di un sistema cercando di violarlo sottoponendolo ad una grande varietà di attacchi informatici e non. L’obiettivo è quello di individuare eventuali vulnerabilità sfruttabili da terzi per ottenere accessi non autorizzati ai servizi e ai sistemi analizzati.

Oltre ai problemi di sicurezza, devono essere rilevati, quali possibili punti deboli, i problemi relativi alla configurazione, il cosidetto “tuning“, che incidono sulla robustezza e le performance del sistema, e gli errori di progettazione della rete. Non a caso, a volte una cattiva configurazione è più pericolosa di un bug.

Questa e’ una lista sintetica che descrive cio che un pen-tet cerca d’individuare:

  • bug, vulnerabilità e security hole nel software presente;
  • punti deboli nella progettazione della rete;
  • punti deboli di firewall e router;
  • punti deboli negli script dei web-server;
  • errori nella configurazione dei principali servizi in esecuzione;
  • problemi relativi l’accesso fisico alle macchine.

Una volta portato a termine il test, tutti i problemi di sicurezza rilevati vengono presentati al cliente o alla propria direzione informatica assieme ad una valutazione del loro impatto nel sistema e nello scenario del business aziendale, fornendo inoltre una soluzione tecnica o proposta di migrazione e mitigazione del sistema.

Il penetration test ci fornisce quindi una stima chiara sulle capacità di difesa e del livello di penetrazione raggiunto nei confronti di problematiche quali:

  • vulnerabilità interne al sistema;
  • vulnerabilità esterna al sistema;
  • difetti sicurezza fisica

Quali sono le modalita’ in cui i Penetration Tester svolgono il loro ruolo ??
I processi di penetration test possono essere effettuati in diverse modalità. La differenza consiste sulla quantità e qualità delle informazioni disponibili a coloro che devono effettuare l’analisi riguardo ai sistemi analizzati. I processi di analisi che vengono condotti in un penetration test hanno diversi tempi di azione in cui vengono alternate fasi manuali e fasi automatiche. Vengono acquisite inizialmente le informazioni principali sull’architettura della piattaforma e sui servizi offerti. Dall’analisi di questi dati deriva la scelta di come condurre il passo successivo, consistente in una enumerazione dei principali errori e problemi. Subentrano cosi nell’equazione i Penetration Tools che, uniti all’esperienza manuale dell’analista permettono quindi di evidenziare tutte le possibili vulnerabilità, incluse quelle più recenti e, a volte, alcune ancora non di pubblico dominio. I problemi riscontrati sono quindi manualmente verificati.

L’attività si considera conclusa una volta portata a termine la reportistica composta dal report di analisi sommaria dedicato al management o executive summary, contenente l’analisi dell’impatto di rischio di quanto riscontrato e tempistiche per l’azione di rientro o mitigazione delle problematiche riscontrate, e dal report tecnico, contenente l’analisi dettagliata dei problemi e la soluzione tecnica.

Va aggiunto per maggiore chiarezza che il penetration test va effettuato su sistemi esposti su Internet e comunque sulle piattaforme sensibili collegate a grosse reti, testando le vulnerabilita’ sia con attacchi esterni alla rete che con attacchi dall’interno della stessa e, possibilmente gia prima prima che esse entrino nella fase di completo esercizio.
Possiamo distinguere vari livelli tecnici dei test, piu’ a grandi linee si possono delineare tre grandi categorie:

  • livello basso: questo è il test che in genere fanno i tool di auditing automatici, a la Nessus per intenderci. Si controlla solo se ci sono servizi in esecuzione con vulnerabilità note, in genere vengono rilevate solo grosse falle e misconfigurazioni macroscopiche.
  • livello medio: oltre a controllare i servizi in esecuzione, viene testata la rete, i firewall, i router, etc…, e si fa spesso ricorso anche a tecniche di social engineering.
  • livello alto: qui siamo a livelli paranoici, si può arrivare a controllare i sorgenti (se disponibili) dei programmi alla ricerca di nuove vulnerabilità (quindi meglio optare per software open source e li dove e’ possibile per far sviluppare internamente cio di cui si ha bisogno), o ad esercitare la tecnica denominata del trashing detto anche information diving, che è la pratica di risalire ad informazioni riservate attraverso il setacciamento dei rifiuti della vittima, come resoconti, bollette, corrispondenza. Una delle tecniche preferite dal famoso Kevin Mitnick.

Mettendo insieme tutte queste metodologie ed informazioni possiamo darvi un piccolo scenario di cio che viene eseguito, a grandi linee, durante un’attacco:

  • Ricognizione di base: informazioni dal sito, informazioni sul dominio e sull’amministratore. A volte basta visitare il sito per raccogliere importanti notizie sul software presente sul server, spesso infatti in fondo all’home page i webmaster inseriscono notizie sul sistema operativo, webserver, etc…., come ad esempio trovare indicazioni come queste “Powered by Apache, Linux Inside…” , mettono a rischio i sistemi.
  • Ricostruzione della struttura interna della rete
  • Raccolta Info:Una volta identificata la struttura della rete e il numero di macchine bisogna raccogliere il maggior numero di informazioni su ognuna di esse. Quindi occorre ricercare i servizi in esecuzione, identificare i sistemi operativi, la versione dei servizi, il tipo di processore, i nomi utente (standard e non), le risorse condivise, etc.
  • Tracciamento vulnerabilita‘: dopo aver determinato i tipi di servizi attivi sull’host bersaglio si deve tracciare una mappa delle vulnerabilità, e occorre ricercare (o scrivere) gli exploit applicabili contro i servizi bersaglio.
  • Analisi della topologia della rete.
  • Applicazione degli exploit.
  • Verifica della possibilità di sniffing e tentativi di DoS & DDoS.
  • Test su router e firewall.
  • Pulizia delle tracce dell’attacco.
  • Stesura del report.

Al termine degli attacchi e della valutazione dei log raccolti un sistema potra’ dirsi vulnerabile se è possibile:

  • accedere a risorse interne;
  • leggere e modificare file riservati;
  • controllare il traffico in entrata e/o uscita;
  • eseguire programmi senza averne i permessi;
  • accedere alla macchina con i permessi di amministratore (root) da parte di utenti non privilegiati;
  • controllare la configurazione della rete e dei servizi.

Punti critici:
cerchiamo ora di evidenziare i lati negativi del preparare un pen-test che purtroppo e’ un po come fare i lavori di casa mentre voi ci abitate dentro……
I punti critici da prendere in considerazioni sono: trattamento dei dati raccolti, salvaguardia dei sistemi e dei dati, riservatezza riguardo le vulnerabilità emerse durante il pen-test. Durante il penetration test potrebbero verificarsi dei disagi dovuti al lavoro del tester, si potrebbero avere perdite o danni ai dati o ancora una momentanea perdita di accessibilità. Ad esempio una macchina dedicata all’e-commerce potrebbe rimanere inaccessibile a causa di una simulazione di un DoS, con conseguenze economiche dirette. O ancora, una azienda che fornisce servizi a terzi, potrebbe vedere i propri servizi interrotti con evidente disagio per i clienti.
Prima di cominciare il test bisogna concordare quale livello di rischio il committente è disposto a correre, invitandolo anche a fare un backup dei dati prima di effettuare il pen-test. Bisogna prevedere tali evenienze in fase di stipula del contratto, declinando per quanto possibile le responsabilità e garantendo però, allo stesso tempo, adeguate misure per il recupero del sistema.

Per ultimare questa carellata sul valore di un Pen-test aggiungo che il suo valore è strettamente legato alle capacità del tester, dunque affidiamoci soltanto a persone preparate che possono dimostrare esperienza pratica svolta su clienti tracciabili; inoltre esso perde di validità non appena si apportano modifiche (anche minime) alla configurazione di una macchina interessata al test, quindi è consigliabile eseguire un pen-test poco prima di mettere in produzione la rete. Inoltre anche lasciando inalterate le macchine testate, il pen-test dovrebbe essere ripetuto periodicamente, poichè oggi giorno vengono trovate quotidianamente nuove vulnerabilità e nuovi exploit.