Docker – cosi’ cambia la virtualizzazione

docker_logoPREMESSA

Docker, inizialmente sviluppato per la piattaforma PaaS (Platform as a Service) di dotCloud, e’ oggi disponibile su Red Hat Fedora e sulla soluzione enterprise OpenShift. Grazie a questa tecnologia, la virtualizzazione passerà al livello applicativo, impacchettando quanto necessario per eseguire le applicazioni su differenti tipologie d’infrastrutture. Ecco quindi come si estendera’ il concetto del Linux Containers LXC , di cui abbiamo trattato in un prededente articolo (vedi link LXC).Docker è il nome di un nuovo ed impotante esempio di progetto, e di start-up, che ha stupito il mondo dell’open source ed ha attirato l’interesse finanziario, e non solo, di grandi gruppi del settore come Red Hat, e non solo.

Per chi non lo conoscesse, Docker è un progetto che automatizza il deployment delle applicazioni fra differenti piattaforme Linux based. L’obiettivo della piattaforma è quello di consentire la distribuzione e l’esecuzione agevole di un app su differenti tipologie di macchine, dotate di differenti sistemi operativi Linux, dai server virtuali, ai cloud-server presenti fra le nuvole private e pubbliche, fino ai bare-metal server, e fin’anche alle macchine fisiche.

Docker è stato inizialmente sviluppato per DotCloud la startup proprietaria di un’infrastruttura PaaS (Platform as a Service) multilingua.

Docker: ecco come funziona

Il funzionamento di base di Docker è alquanto semplice: il tool è capace di impacchettare un’applicazione e le sue dipendenze in un contenitore virtuale che può essere mandato in esecuzione su qualsiasi versione di Linux.Il risultato di questo processo è una maggiore flessibilità e portabilità delle applicazioni e l’opportunità di eseguirle ovunque senza alcuna problematica, dal proprio laptop, ai cloud server privati e pubblici, ai server virtuali fino ai server fisici.

Dockers non effettua la portabilità delle macchine virtuali o dei sistemi operativi, ma rende portabile il codice con cui l’applicazione è scritta, permettendo così una maggiore mobilità fra le macchine virtuali, anche nelle infrastrutture di cloud computing.

Dockers estende un formato comune di package già presente in Linux e noto come Linux Containers o LXC e Dockers per l’appunto utilizza il formato LXC, e le funzionalità kernel di Linux stesso, mentre lascia all’infrastruttura sottostante il compito di provvedere alle funzionalità del sistema operativo.

Docker sembra sposarsi perfettamente con OpenShift, con cui condivide alcuni aspetti tecnologici e architetturali fondamentali, come i namespace del kernel Linux e la gestione delle risorse tramite cGroups. Lo stesso Openshift, infatti, è costruito su Red Hat Enterprise Linux a già offre un sistema di “cartridge” basato sul formato LXC attraverso l’utilizzo delle Red Hat Enterprise Gears, che sara’ in grado di aumentarne l’usabilità e portabilità.

Il progetto Docker sta riscuotendo un alto livello d’ interesse anche fra i colossi del Web e dell’IT a tal punto che aziende del calibro di Microsoft, Red Hat (gia citata), IBM, Mesosphere, CoreOS, SaltStack e Google hanno iniziato a collaborare su un progetto open source pensato a Mountain View e conosciuto con il nome in codice Kubernets.

In pratica, Google e gli altri attori citati vogliono agevolare la gestione e l’uso dei contenitori Docker e Mountain View è fra le prime a sfruttare in modo massivo la tecnologia pensata da Docker all’interno dei suoi data center.

Insomma, per concludere, grazie ai signori di Docker passeremo presto ad un nuovo concetto di virtualizzazione, tutto ancora da scoprire, ma a vedere i nomi delle aziende che vogliono scommeterci , non resta che iniziare a prepararsi.

Bye

Il valore della certificazione per Linux OpenStack

RedHat Enterprise OpenStack Platform

RedHat Enterprise OpenStack Platform

Openstack è sempre più un punto di riferimento per chi intraprende un percorso di trasformazione del data center verso il mondo cloud. Mentre si parla di cloud oramai da anni, sono oltre la metà, sul totale delle aziende di media grandezza e con infrastruttura complessa, a non avere implementato il cloud computing se non in modo parziale o solo ricorrendo a risorse di cloud pubblico all’occorrenza. Nel tempo sta emergendo con chiarezza il bisogno di interoperabilità e di supporto aperto, a un livello superiore rispetto all’etereogeneità delle infrastrutture dei diversi vendor, tanto che l’84 percento delle aziende con progetti cloud decida di fare il deploying di OpenStack.

A fronte di questo grande interesse RedHat collabora in modo intenso con molti fornitori di soluzioni di gestione come BMC e HP i quali, come membri del Red Hat OpenStack Cloud Infrastructure Partner Network, hanno fornito informazioni, feedback e supporto per la creazione delle nuove certificazioni sulla piattaforma OpenStack.

RedHat introduce la certificazione Cloud Management per RedHat Enterprise Linux OpenStack come parte del Red Hat OpenStack Cloud Infrastructure Partner Network. Il progetto OpenStack, nato come sistema Iaas e piattaforma per il cloud computing open abilita l’interoperabilità tra le piattaforme cloud. RedHat propone un percorso formativo per consentire alle soluzioni di cloud management dei partner di interoperare e di gestire la piattaforma Red Hat Enterprise Linux OpenStack. I clienti certificati sulla piattaforma RedHat Enterprise Linux OpenStack sono in grado cosi’ di implementare soluzioni di management testate con la certezza che siano supportate congiuntamente da Red Hat e dalle aziende partecipanti.

I corsi prevedono diversi livelli d’interazione, potendo cosi trovare quello che piu’ si adatta ad ogni esigenza di tempo, soldi ed impegno da profondere, questo in quanto esistono in pratica queste categorie :

  • CL210 RedHat OpenStack Administrator (Corso in Aula)
  • CL210VT RedHat OpenStack Administrator (Virtual Training)
  • CL210R RedHat OpenStack Administrator-ROLE (e-learning) 

Per ogni altra informazione inerente ai corsi ed ai relativi esami vi rimando alla pagina ufficiale:
redhat.com_training_dates